Tracce di monaci bizantini nella Badia di Santa Maria

A Pattano sorge uno dei complessi italo-greci meglio conservato del Sud Alla scoperta di affreschi suggestivi e resti di impianto romano imperiale

In tutto il Meridione sono ancora oggi visibili le tracce lasciate dai monaci bizantini, che iniziarono a riversarsi sulle nostre coste in particolare a partire dall’editto di Leone III Isaurico (726 d.C.) per sfuggire alle persecuzioni iconoclaste. Il Cilento fu uno dei luoghi prescelti per dare vita ai cenobi dove poter vivere, immersi nella solitudine della natura, una profonda comunione con Dio. Uno dei monasteri italo-greci meglio conosciuti dell’Italia meridionale si trova proprio a Pattano, frazione di Vallo della Lucania. Le prime tracce della splendida Badia di Santa Maria risalgono al 993 d.C. anche se quasi certamente per la data della sua fondazione bisogna riportare indietro le lancette. Il 993 è un anno importante per la Badia, poiché fu il momento in cui l’hegumeno Cosma fu protagonista in una disputa tra un vicino monastero ed un proprietario terreno: il rispetto a lui attribuito è l’esempio della riverenza vissuta nei confronti del monastero stesso.

Il complesso monumentale comprende la chiesa di Santa Maria (X-XI secolo), la sua originaria torre campanaria, le fabbriche del cenobio antico, un piccolo chiostro e la chiesa di San Filadelfo, nella quale sono custoditi dipinti preziosissimi ed importanti reperti archeologici emersi dallo scavo del pavimento. Da segnalare, il katolikon, forte testimonianza della cultura architettonica angioina che trova il suo parallelo nella più famosa chiesa napoletana di Santa Maria Donnaregina Vecchia. Oggi priva del tetto, si presenta con delle cappelle laterali caratterizzate da volte ad arco acuto. La torre campanaria, invece, è tra le più antiche di tutto il Meridione: a pianta quadrata, svetta verso il cielo per circa quindici metri, vantando cinque ordini decorativi. Secondo alcuni, la stanzetta presente nella parte bassa, ospitava il semantron, uno strumento di legno o di bronzo che serviva a scandire le ore di preghiera e di lavoro dei monaci, quando ancora non si utilizzavano le campane.

A rendere speciale la Badia di Santa Maria è però senza dubbio la chiesa di San Filadelfo: gli affreschi che decorano le pareti hanno mantenuto inalterata nel tempo tutta la loro poesia mistica. Il pavimento è lastricato in vetro in modo da poter consentire al pubblico la vista delle rovine di edifici che risalgono all’epoca romana imperiale, compreso un impianto termale e delle tombe. Le pitture che si notano sia sui muri dell’abside che sul divisorio tra la cappella e la zona del parakklesion e sulla parete della controfacciata, appartengono ad almeno tre fasi decorative (IX-X secolo, XI secolo e XIV-XV secolo). Nella cappella fu trovata anche una statua lignea di manifattura alto medievale raffigurante San Filadelfo: oggi è conservata all’interno del museo diocesano di Vallo della Lucania. Il complesso viene custodito e curato dall’associazione Badia di Pattano, nato nel 1998 con lo scopo di far conoscere al pubblico il più vasto patrimonio artistico e storico del Cilento medievale.

Spostandosi a Vallo della Lucania, sono tre i luoghi che meritano una visita, a partire dal Museo diocesano, un tempio dell’arte sacra, costruito dopo il terremoto dell’80 per preservare le opere ritrovate nelle chiese distrutte o lesionate dal sisma. Tra questi le tele eseguite tra il XVI ed il XVIII secolo dal Solimena e dai suoi allievi e i polittici del Quattrocento e Cinquecento. Di rilievo un cofanetto nuziale del XV secolo della Bottega degli Embriachi, un calice di San Silvestro in argento e smalti, un ostensorio di Domenico Giordano della seconda metà del Settecento e numerosi crocifissi che, insieme ai paramenti liturgici, raccontano una lunga e sentita storia religiosa. Il museo delle arti femminili (via Scarpa de Masellis 4, di fronte la Cattedrale di San Pantaleone), vede protagonista la donna e le cosiddette arti minori, in particolare i ricami di una volta, pizzi, stoffe e tessuti in lana, seta, lino, canapa, corredati da vecchie foto d’epoca e rumori degli antichi strumenti di lavoro. Infine, nell’ex convento dei Domenicani, in via Rinaldi 4, merita una visita il museo delle erbe, fondato nel 2008 dal fitoterapista Pasquale La Palomenta, per raccogliere oltre duemila esemplari di piante del Parco nazionale del Cilento, studiate per le loro proprietà cosmetiche e farmaceutiche. Da non perdere il cosiddetto tavolo magico, e le teche che raccontano la preparazione di afrodisiaci ed elisir di lunga vita.

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