Tra sirene e antiche leggende nel blu dedicato a Leucosia

Insenature ritagliate in un mare cristallino e sentieri ideali per il trekking Per i sub una riserva marina che offre paesaggi incontaminati tutti da scoprire

«Dicono che le isole delle sirene si trovino in Italia, nel braccio di mare che giace di fronte allo stesso promontorio, il luogo è sporgente e separa i due golfi - quello in cui si trova Cuma e quello che comprende la città chiamata Poseidonia - qui si trova anche un tempio delle sirene che sono sommamente venerate dagli abitanti del luogo con riti sacri solenni. Ne ricordano anche i nomi, chiamandole Partenope, Leucosia e la terza Ligeia». Siamo tra il IV ed il III secolo a. C. quando compare nell’operetta De Mirabilus Auscultationibus attribuita allo Pseudo-Aristotele, la traccia di un mito che nei secoli ha saputo preservare inalterato tutto il suo appeal, rendendo ancora più suggestiva la visita ad una località che apre il cuore agli amanti della natura incontaminata. Il promontorio di Licosa, frazione di Castellabate, deve il suo nome alla sirena Leukosia. Lo sostiene Strabone, scrivendo che: «Chi navighi il Golfo, da Posidonia vede l’isola di Leucosia, a breve distanza dalla terraferma, il cui nome prende da una delle sirene qui caduta dopo che esse, come si racconta, precipitarono nell’abisso del mare. Di fronte all’isola sta il promontorio antistante alle Sirenusse, che forma il Golfo di Posidonia». E lo racconta anche il XII canto dell’Odissea, dedicato al suicidio della splendida creatura del mare che non riuscì a sedurre Ulisse. Inserita nel 2005 da Legambiente tra le undici più belle spiagge d’Italia, Punta Licosa è una perla del Cilento, grazie alle piccole spiagge rocciose a ridosso di una pineta dove profumi e silenzi hanno un sapore antico ed unico. Da Punta dell’Ogliastro alla Baia del Sambuco, presso la zona boschiva del Tresino, ai confini tra Castellabate ed Agropoli, si estende dunque una riserva marina che continua a conquistare il primato della bandiera blu e che, oltre ad ospitare un particolare tipo di lucertola (la Podarcis krameri) nel 2006 fu scelta da una tartaruga Caretta Caretta per il nido delle sue uova, a testimonianza di un habitat selvaggio nell’accezione più naturale e positiva del termine. Luglio ed agosto sono i mesi migliori per visitare la riserva, non solo per godere dello specchio cristallino che invita al bagno, ma anche perchè in questo periodo l’associazione Leucosia promuove due concerti sull’acqua dedicati alla mitologica sirena. Saziati dalle onde blu, vale la pena di soffermare lo sguardo su una parete costiera caratterizzata dal Flysch, una stratificazione di rocce particolarmente rara che risale al periodo dell’età preistorica. I grigi, i blu, i verde, raccontano un passato intriso di leggenda ed ospitano, nelle fenditure della roccia, cernie, saraghi, murene ed aragoste, ma anche madrepore, spugne gorgonie, gigli marini e lucertole dalla livrea blu. Un Paradiso per i sub che incontreranno code di pavone e ombrellini di mare, l’alga moneta e il dasicladus vermicularis. Tra gli animali, spiccano ricci, donzelle, castagnole, salpe, occhiate, corvine, orate, spigole, ricciole e gattucci anche se la presenza più preziosa, confermano gli esperti, è quella della nacchera di mare, detta anche pinna comune. Da San Marco di Castellabate la punta dedicata alla bella Leukosia offre scenari mozzafiato, che ogni anno sono meta degli appassionati del trekking e non solo: impossibile non effettuare una sosta tra Punta della Scala e Torre di Mezzo o ammirare la splendida Punta Tresino tra pini d’aleppo, mirti, lentischi, carrubi, abitati da gazze, merli e gabbiani. Di grande fascino è anche il circuito di Monte Tresino, che riesce perfettamente a coniugare storia e natura. Dal piazzale del parcheggio della spiaggia di Trentova, occorre imboccare una strada sterrata che dopo essere fagocitata dal verde della macchia mediterranea, sbuca su un pianoro dove sorge una vecchia masseria conosciuta dagli abitanti della zona come “casa dei buoi”. Inerpicandosi ancora (occorre tenacia e buona salute!), ci si imbatterà nel villaggio abbandonato di San Giovanni, che diede i natali a San Costabile Gentilcore, fondatore di Castellabate: qui sono ancora visibili i resti del monastero e della chiesa edificata nel 957 da Ligorio di Atrani su un preesistente luogo di culto dedicato a San Giovanni. Secondo un’antica leggenda, i saraceni rubarono la campana del Santo, ma in alto mare si trovarono a dover fare i conti con una violenta mareggiata e per alleggerire il carico, furono costretti a gettarla tra le onde. La tradizione vuole che la campana giaccia tuttora sul fondo e che alla mezzanotte di ogni S. Giovanni, nella baia di punta Tresino, sia possibile percepirne il suono.(b.c.)

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