Terreno e azienda del clan Procida acquisiti dal Comune

I beni furono confiscati a Cioffi dall’autorità giudiziaria Ok in Commissione: saranno destinati a finalità sociali

Un terreno di circa 8mila metri quadri in località Cioffi sul quale insiste un’azienda zootecnica, beni un tempo appartenuti al clan Procida, entrano di diritto nel patrimonio del Comune. Nei giorni scorsi, infatti, l’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata ha inviato al Comune la comunicazione ufficiale dell’avvenuta confisca del bene immobile, con relativa richiesta di manifestazione d’interesse da parte dell’Ente all’utilizzo per finalità pubbliche. Il sindaco Martino Melchionda, come prevede la normativa in materia, ha chiesto l’immediata convocazione della Commissione Bilancio, presieduta da Pasquale Lettera.

Quest’ultima, ieri mattina, si è riunita e, all’unanimità, ha deciso di acquisire al patrimonio del Comune il terreno con annessa azienda. «Dalla discussione in seno alla commissione cui hanno preso parte tutte le forze politiche presenti in Consiglio Comunale - si legge in una nota dell’Ente - è emersa, inoltre, la volontà di destinare i beni confiscati a finalità di tipo sociale». L’Agenzia Nazionale ha predisposto, in fase di acquisizione del bene, anche un’apposita servitù di passaggio, per rendere accessibili i beni sottratti al controllo del clan che, fino alla seconda metà degli anni ’90, spadroneggiava nella Piana. Il blitz della Dia contro il gruppo dei Procida scattò nel 1999. Su richiesta del pm Antonella Giannelli, il gip Di Matteo firmò 13 ordinanze di custodia cautelare in carcere a carico di Roberto Procida, di suoi familiari e presunti fiancheggiatori. Agli arresti domiciliari, invece, finirono tra gli altri anche due noti imprenditori battipagliesi del settore caseario, poi completamente scagionati nel prosieguo dell’inchiesta.

A partire dagli inizi degli anni ’90, secondo l’accusa, Procida, presunto affiliato alla Nco di Roberto Cutolo, era riuscito a mettere in piedi un’organizzazione capace di gestire un vasto patrimonio, messo insieme con l’attività di usura, grazie anche a presunti collegamenti con elementi di spicco della criminalità dell’Agro nocerino o dell’Avellinese. Per lungo tempo gli investigatori controllarono ogni movimento dei Procida, grazie ad una serie di intercettazioni ambientali. Gran parte delle accuse contestate a Procida furono confermate nei successivi gradi di giudizio. Parallelamente veniva avviata la procedura di confisca dei beni.

©RIPRODUZIONE RISERVATA