Terra dei Fuochi La “scomunica” di Sepe

Il cardinale metropolita di Napoli vorrebbe negare la comunione «a chi inquina e non si pente». Intanto don Patriciello incontra il presidente Napolitano

Attentare alla vita della comunità, avvelenando i territori equivale «a commettere un peccato grave e chi lo fa non ha diritto alla comunione, se non si pente per il danno che ha commesso». Le parole del cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo metropolita di Napoli, suonano come una scomunica per chi per anni ha permesso lo sversamento di rifiuti tossici nella “Terra dei Fuochi”, a metà tra Napoli e Caserta, danneggiando i terreni. Sepe invoca una «scossa» e indica come esempio nella battaglia contro questo tipo di inquinamento ambientale don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano, nel napoletano, in prima linea per mantenere viva l’attenzione su ciò che ha definito «un’ecatombe, un genocidio» che è conseguenza di quei disastri ambientali. Nel giorno in cui a Napoli è arrivato il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, per la celebrazione delle Quattro giornate, don Maurizio è riuscito a consegnare in quelle mani le cartoline autografe delle mamme che hanno perso i propri figli morti di tumore e leucemie. A Napolitano, ha riferito don Patriciello, «ho detto di essere parroco della “Terra dei fuochi”, e lui mi ha risposto che il termine non gli piace, che vorrebbe tornare a poterla chiamare “Campania felix”».