in appello 

Tentato omicidio di Fiore Dieci anni a Rosario Nacchia 

È stato condannato a dieci anni e quattro mesi di reclusione il paganese Rosario Nacchia, sotto accusa in appello per il tentato omicidio di Nicola Fiore, alias “Pallino”: l’episodio, risalente al...

È stato condannato a dieci anni e quattro mesi di reclusione il paganese Rosario Nacchia, sotto accusa in appello per il tentato omicidio di Nicola Fiore, alias “Pallino”: l’episodio, risalente al 2000, riguarda il periodo in cui era in atto lo scontro tra il gruppo del clan Contaldo, capeggiato dal boss delle palazzine, Sandro, attualmente pentito, e quello dell’emergente Antonio Petrosino D’Auria. Nacchia, assolto in primo grado al termine del rito abbreviato, assistito di fiducia dall’avvocato Giuseppe Buongiorno, è stato riconosciuto colpevole sulla base delle dichiarazioni rese da Francesco Contaldo, fratello di Sandro, primo collaboratore del clan, che parlò di circostanze apprese dalla moglie, Libera Di Lorenzo, detta “Betty”, e riferite “de relato”.
A nulla sono valsi gli atti che erano stati prodotti e depositati dalla difesa di Rosario Nacchia, soprattutto le perizie e le testimonianze della moglie dell’imputato: decisiva è risultata anche la sentenza definitiva di condanna emessa a carico del fratello di Nacchia, Pietro, che è imputato e condannato per lo stesso reato, sulla stessa base probatoria: a distanza di quasi vent’anni dall’episodio, Rosario Nacchia è adesso nei fatti un lavoratore impegnato nella pulizia delle scale di alcuni condomini con sua moglie.
La sentenza di condanna, basata su elementi documentali solidi, ha ignorato le tante incongruenze portate al dibattimento di secondo grado, a partire dai motivi di astio, rispetto agli elementi che sono rimasti poco chiari nella ricostruzione dei fatti, per arrivare infine al paradosso che vedrebbe Rosario Nacchia, parente acquisito dei due fratelli Contaldo, Francesco e Sandro, entrambi pentiti, per averne sposato la sorella, individuato sul luogo di un agguato insieme al nemico numero uno della cosca delle palazzine, e cioè Antonio Petrosino D’Auria. La difesa di Nacchia ricorrerà adesso in Cassazione, sostenendo le proprie ragioni rispetto alla valutazione degli elementi della delicata vicenda.
Alfonso T. Guerritore
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