Templi e abusi, sessant’anni di omissioni

Migliaia di manufatti fuorilegge in un’area patrimonio Unesco. La speculazione sui terreni e le ruspe del sindaco-coraggio

CAPACCIO PAESTUM. Quasi sessanta anni di abusi edilizi, che persistono nell’indifferenza delle istituzioni e di chi è addetto alla tutela di beni classificati patrimonio Unesco. Sessanta anni e nulla è stato fatto, se non qualche abbattimento sporadico. E, questo nonostante le migliaia di ordinanze emesse in nome della legge di tutela Zanotti Bianco del 1957, che stabilisce una zona di rispetto inedificabile per un raggio di un chilometro intorno alle mura della città antica di Poseidonia.

Ordinanze inottemperate, come quella emessa nel 2005, nei confronti dei familiari del sindaco Italo Voza, per la demolizione di opere realizzate nell’ambito del complesso immobiliare Nettuno che, recentemente, ha portato all’avvio di un processo per il primo cittadino, sua moglie Maria Giuseppa Pisani e il tecnico comunale, Vincenzo Criscuolo. Eppure del fenomeno se nel discute da oltre sessanta anni anche sulla stampa nazionale

L’incubo cemento e il sindaco con le ruspe. Da alcuni articoli del Corriere degli anni Settanta e Ottanta, a firma di Antonio Cederna, emerge la problematica in tutta la sua drammaticità. “Il cemento assedia i templi di Paestum” (16 novembre del 1976); “Chi rovina le rovine di Paestum” ( 27 luglio del 1977); “A Paestum il cemento sta seppellendo tutto” (15 novembre 1980): sono solo alcuni dei titoli che dimostrano quanto già allora, l’abusivismo edilizio si stesse consolidando. Il fenomeno ha subito un incremento a partire dagli anni Settanta, quando le costruzioni fuorilegge erano poco meno di 300; nel ‘76 arrivarono a 850, agli inizi degli anni Ottanta più di mille. Nel 1976 il sindaco Luigi Gorga ingaggiò delle ditte per l’abbattimento di alcuni abusi, ma le stesse, intimorite, si tirarono indietro. Chiese anche l’invio di soldati al ministero della Difesa per presidiare i cantieri, e riuscì a demolire, tra mille difficoltà, una ventina di costruzioni. Alcune dovettero essere abbattute tre volte perché di notte venivano ricostruite. Agli inizi degli anni Ottanta il numero delle costruzioni è arrivato a mille, una colata di cemento di oltre 500mila metri cubi. Con costruzioni realizzate fino a 200 metri dalle mura, pozzi neri scavati a pochi metri da quelli per l’acqua potabile.

La speculazione sui terreni. I prezzi per i terreni lievitano e vengono venduti dai proprietari ad un prezzo fino a venti volte superiore di quello originario, da 1500 a 30mila lire al metro quadrato a napoletani e salernitani, soprattutto nelle contrade di Licinella, Ponte di Ferro e Santa Venere. Negli anni Ottanta l’abusivismo sfrenato portò anche all’arresto di 14 amministratori, tra cui due sindaci e l’intera commissione edilizia, il sequestro di diversi cantieri abusivi e delle pratiche di mille licenze edilizie. Insomma un vero saccheggio del territorio continuato negli anni anche con costruzioni sul demanio costiero e nella fascia pinetata, che hanno riguardato pure complessi turistici.

L’abusivismo sociale. A 60 anni di distanza nulla o quasi è cambiato. Ed ora l’abusivismo edilizio è diventato anche un problema sociale: non è così facile abbattere delle case dove la gente ci vive da decenni, aziende o strutture turistiche. Un fenomeno che va affrontato, come sottolinea il direttore del Parco archeologico Gabriel Zuchriegel. «Gli abusi, così come tutte le cose – dice – hanno un inizio e devono avere una fine. È un problema che non riguarda solo Paestum, ma tutta Italia ed altre zone del mondo. A Paestum abbiamo un patrimonio unico e dobbiamo stare attenti a non rovinarlo con strutture ed interessi privati. Il problema non sono solo le norme e leggi, che devono essere applicate, ma è anche una questione culturale. Dobbiamo essere coscienti di quello che succede ed iniziare un confronto, una discussione per poi gestire il problema e decidere come procedere con gli abbattimenti e quali strutture demolire».

Angela Sabetta

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