L'INCHIESTA

Telefoni assediati, basta una tessera per finire nel tritanumeri

Bombardati dalle offerte commerciali ma a dare il consenso siamo stati noi

SALERNO «È interessato a risparmiare sulla bolletta della luce?». Risponde sì il pensionato di Bellizzi, cittadina della Piana del Sele, e precipita in un incubo. Sei contratti in 6 mesi. Sei gestori del servizio cambiati senza volerlo. Senza (quasi) saperlo. Gli piombano addosso via telefono. Una tempesta di chiamate, proposte commerciali sparate una dietro l’altra. Anche più volte al giorno. Una giostra. Il numero di cellulare rimbalza da una società all’altra. Una pallina da ping pong che nessuno riesce a fermare.

TELEMARKETING SELVAGGIO

È il circo del telemarketing selvaggio che affligge 95 milioni di cellulari in Italia, oltre 20 milioni di telefoni fissi, fra numeri in elenco e riservati. Decine di migliaia di chiamate in Campania ogni giorno. Regole e divieti sulla carta esistono. Le società che vendono prodotti e servizi - dai contratti telefonici alle bottiglie di vino - le conoscono, ma spesso fanno finta di no. Usano come paravento i call center di cui si servono per contattare i clienti. Che una volta, di sicuro, hanno autorizzato qualcuno - il supermercato, la palestra, la profumeria - a usare il proprio numero. Magari in cambio della tessera fedeltà o della tessera sconto. E, per ottenerla, anche senza accorgersene, hanno firmato il consenso al «trattamento commerciale» dei propri dati. In altre parole, alla vendita a terzi del proprio numero telefonico. Infilandosi in un circolo vizioso dal quale è (quasi) impossibile uscire indenni.

CON LA TESSERA TI VENDI

Lo racconta bene Roberto G., un architetto di 41 anni che lavora nell’Agro: «Qualche anno fa ho sottoscritto la tessera di una società di bricolage e ho dato l’autorizzazione al trattamento dei miei dati. Poi me ne sono dimenticato. Fino a qualche giorno fa, quando una società casertana, per l’ennesima volta, mi ha contattato per propormi l’acquisto di un depuratore casalingo per l’acqua. Nonostante avessi già rifiutato più volte l’articolo, ho chiesto chi avesse fornito il mio cellulare e, visto che ho minacciato una denuncia al Garante della privacy, mi hanno riferito che era stata una società, guarda caso la stessa società che mi ritrovo sugli scontrini dell’azienda di bricolage. Ora non mi va di prendermela con gli operatori dei call center che, spesso, sono sfruttati dalle società di telemarketing, ma sono stufo. Perciò ho deciso di smettere di autorizzare il trattamento dei miei dati per fini commerciali».

IL MERCATO DEI NUMERI

In questo modo il numero non potrà più essere venduto all’insaputa dell’abbonato. E non se ne perderanno le tracce nel mare della compravendita dei “data base” (gli elenchi dei numeri). Un business da miliardi, considerando che ogni numero può valere da 8-9 centesimi fino a 1 euro, dicono gli esperti, tanto più è “profilato”, dettagliato, il profilo dell’abbonato al quale corrisponde. Perché consente a chi lo possiede di inviare una proposta commerciale quasi ritagliata su misura. A insaputa, però, dell’interessato.

ATTENTI ALLE CASELLE

Infatti, il proprietario del cellulare di solito non intende cedere il proprio numero a centinaia di aziende. Né autorizzarle a usarlo per il telemarketing. Com’è, allora, che si infila in questo pasticcio? Con azioni quotidiane che ripetiamo tutti. Ogni volta che firmiamo un contratto - ad esempio per la luce o il gas - ogni volta che acquistiamo un oggetto (come un telefono), oppure ogni volta che ci propongono una tessera (supermercato, sconti abbigliamento, palestra, discoteca e così via) ci viene richiesto il consenso al trattamento dei dati ai sensi della privacy.

Mai leggiamo quello che firmiamo. Tanto meno controlliamo le caselline della privacy che barriamo. Ed è li che ci vendiamo: la prima, infatti, di solito, autorizza il soggetto con cui ci relazioniamo a trattare i nostri dati; la seconda a utilizzarli per scopi commerciali propri e la terza anche a cederli ad altri per scopi pubblicitari. E quindi a venderli. Quando barriamo e diciamo sì a questa richiesta finiamo nel tritatutto di cui si sono persi i contorni.

NON SI SA PIÙ CHI HA I NUMERI

Lo riconosce anche il Garante della privacy nella relazione 2015, denunciando un aumento del telemarketing selvaggio: «Nel corso di alcuni accertamenti ispettivi presso le aziende committenti e in occasione di riunioni con alcuni gestori telefonici, è stato riscontrato che le filiere di soggetti cui vengono demandate le attività di telemarketing sono talmente diramate per l’uso ripetuto di agenzie e sub-agenzie da non consentire sempre agli stessi soggetti mandanti il controllo della struttura e diventa quindi difficile risalire a coloro che materialmente hanno effettuato i contatti telefonici lamentati, nonché ai numeri chiamanti».

RIMEDI POCO EFFICACI

Il problema riguarda non solo i cellulari, ma anche le utenze fisse. Con la differenza che almeno sui cellulari i numeri si vedono, o si dovrebbero vedere: la chiamata anonima, infatti, è vietata. Come sarebbe vietato telefonare nelle ore del desinare e anche nei fine settimana. Inoltre, per i numeri fissi, registrati in elenco, ci sarebbe la possibilità di uscire dal tunnel della pubblicità indesiderata, per sempre, iscrivendosi al “Registro delle opposizioni”, elenco tenuto dalla Fondazione Bordoni per conto del ministero dello Sviluppo economico: la legge dà questa facoltà perché i numeri inseriti negli elenchi telefonici possono essere oggetto di telemarketing indipendentemente dall’autorizzazione degli abbonati.

Al contrario, cellulari o numeri riservati possono essere bombardati di chiamate pubblicitarie solo dietro espresso consenso (revocabile) del titolare. Ma il sistema - Registro delle opposizioni, revoca del consenso - sembra funzionare poco. Gli utenti continuano a essere bombardati dal telemarketing. Da quando il Registro è attivo nel 2011, a giugno 2016, dagli iscritti sono arrivate oltre 23mila segnalazioni al Garante. E il Garante ha contestato sanzioni per 2,6 milioni alle società di telemarketing. Ma quanti abbiano pagato non è accertato.

@IlariaBonuccell