Suor Soledad, il pg chiede l’assoluzione

Abusi all’asilo di Vallo della Lucania: colpo di scena al processo d’appello. Accuse a Procura e Tribunale. Rabbia dei genitori

VALLO DELLA LUCANIA. In due ore e mezzo di requisitoria il sostituto procuratore generale Maddalena Russo ha demolito l’inchiesta sugli abusi sessuali nell’asilo “Paolo VI”. Il magistrato dell’accusa ha chiesto alla Corte d’Appello non solo di confermare l’assoluzione per il muratore Aniello La Bruna e il fotografo Antonio Rinaldi, ma di assolvere anche Suor Soledad, condannata in primo grado a 8 anni, e le consorelle Agnese Cafasso e Giuseppina De Paola, a cui erano stati inflitti 16 mesi per favoreggiamento, perché secondo il Tribunale sapevano delle violenze.

Le conclusioni del pg arrivano all’epilogo di un j’accuse ai giudici di primo grado e agli inquirenti che condussero le indagini, seguite all’epoca dal procuratore Alfredo Greco. «Questo processo nasce male – tuona il magistrato – Nasce male come impostazione, è stato mal condotto nel dibattimento ed è mal definito». Lo stesso decreto che dispose il giudizio sarebbe viziato da nullità «perché non dice quali atti sessuali sarebbero stati compiuti e con quali bambini». Poi non si sarebbe tenuto conto di come i genitori si sarebbero influenzati tra loro e avrebbero finito per condizionare il racconto dei figli, né del parere dei periti («quelli che a Vallo non sono venuti a perdere tempo») che dichiaravano l’inattendibilità di alcuni bimbi. «Si è dato più credito – sottolinea – persino a quel vergognoso incidente probatorio con le bambole che si tenne alla Fiera». Per lei sulla responsabilità di suor Soledad (tuttora irreperibile) «non è stata formata la prova certa» e ne chiede quindi l’assoluzione «per insussistenza del fatto». La sentenza di primo grado la definisce «frettolosa, di una superficialità estrema» una sentenza che «se fosse stata impugnata per saltum in Cassazione non avrebbe retto, per tutti i princìpi che sono stati disattesi». Eppure, anche secondo il pg, qualcosa in quell’asilo è successo, soprusi e violenze testimoniati da lividi sulle gambette, arrossamenti dei genitali, racconti di sporcizia e infezioni seriali. E qui torna a puntare l’indice sulla Procura, che «ha seguito una pista investigativa a senso unico» senza procedere per maltrattamenti e lesioni, «imputazioni alternative che in questa fase non possono più essere formulate».

Alle conclusioni del magistrato faranno da contraltare, a luglio e a settembre, quelle delle parti civili, dodici famiglie che si sono costituite nel processo e che in parte erano ieri in aula. «Vergognoso» è l’aggettivo che ripetono quando la requisitoria finisce. E ancora: «Il pg non ha letto gli atti, sembrava di sentir parlare la difesa degli imputati, ha detto le loro stesse cose». Un papà la avvicina, prova a chiedere ragioni, poi sbotta: «Abbiamo avuto dimostrazione di quanto di peggio c’è nel processo penale italiano. Siamo profondamente delusi di come fatti di tale gravità siano trattati con estrema leggerezza, stravolgendo i dati reali». I legali annunciano battaglia: «Si doveva parlare di fatti, non di principi – sottolinea l’avvocato Attilio Taiani – Qui siamo nel giudizio di merito, non in quello di legittimità in Cassazione».

(Ha collaborato

Andrea Passaro)

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