Suoli del Cdr, l’Asi presenta il conto

Impianto costruito su terreni consortili nell’emergenza rifiuti Espropri “dimenticati”. Palazzo Chigi, responsabile, tace

A Palazzo Chigi sanno che snobbare l’ordine di un giudice è reato. Eppure lo hanno fatto, a svantaggio del consorzio Asi di Salerno, finendo per trascinare anche la Provincia in una causa legale. La vicenda inciderà sui bilanci pubblici: anche solo per questo ci interessa sapere che l’impianto cdr di Battipaglia è stato costruito senza un esproprio dei suoli.

I primi fatti ci riportano al 2001. Il 30 luglio, il Commissario governativo per l’emergenza rifiuti approvò il progetto di realizzare la struttura utilizzando 2,7 ettari di terreni appartenenti all’Asi. Un’altra ordinanza dispose l’occupazione urgente dei suoli per 5 anni, in attesa di perfezionare l’esproprio. Nel giugno 2005 la Fibe (società che aveva vinto la gara per gli impianti) offrì al consorzio 328mila euro e l’indennità di occupazione, ma ottenne un rifiuto. Il 2 agosto 2006, il Commissario governativo rinviò di 2 anni l’esproprio. Quando anche la proroga scadde, nel 2008, nessun atto conseguente era stato determinato. Sicché i suoli non sono stati espropriati né pagati.

Nel 2009 l'Asi ricorse al Tar, chiamando in giudizio la presidenza del Consiglio dei ministri e la sua articolazione, il Commissario di governo. In via riflessa, la questione riguardava anche la Regione e la Fibe. Il consorzio chiedeva la restituzione dei terreni e la rimozione del costruito o almeno il risarcimento del danno, oltre all’indennità per l’occupazione “legittima" dal 2001 al 2008 e il risarcimento per la successiva occupazione “senza titolo”.

Intanto le cose evolvevano e le Province acquisivano la titolarità degli impianti. Le affannose gestioni commissariali lasciavano molti strascichi. Per risolvere i problemi di crediti e debiti, nacque la “Missione gestione contenzioso e situazione creditoria e debitoria pregressa”, preposta alla definizione dei fatti maturati al 10 giugno 2008. Negli anni successivi, poi, questo ufficio avrebbe conosciuto «permutazioni» e cambi di nome.

I giudici hanno dovuto mettere le mani in questa massa di leggi, e ordinanze. Alla fine, il 25 novembre 2009, tirarono le conclusioni: (a) la presidenza del Consiglio era interessata, (b) la restituzione dei suoli era impossibile, (c) la domanda di risarcimento per danno e occupazione “sine titulo” era giusta, (e) per il periodo di occupazione legittima bisognava rivolgersi alla magistratura ordinaria. La presidenza del Consiglio avrebbe dovuto presentare una proposta all’Asi, considerando gli «interessi moratori dal giorno in cui il terreno è stato occupato senza titolo, sino alla data di emanazione dell’atto di acquisizione che l’autorità amministrativa è tenuta ad emanare a seguito della presente sentenza».

Il governo non ha dato segnali. Così, nel 2012, l’Asi, ormai passato a centrodestra con il presidente Gianluigi Cassandra, è ritornato in tribunale, tirando in ballo anche la Provincia, ente del medesimo colore politico. Il Tar ha nominato un commissario ad acta, affiancato da un collaboratore, per sbrogliare la matassa e stabilire un equo rimborso per il consorzio. Il funzionario completerà la stima entro il 30 luglio. Il tempo passa, gli interessi aumentano. Tanto paghiamo noi.

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