Sul “giardino” di Liguori arriva finalmente la luce

Riconosciuta all’attore salernitano la paternità del rifacimento di Cechov

SALERNO. Ha rischiato di vedersi “rubare” la paternità di un’opera che covava nel cuore fin dagli albori della sua carriera, quando, da giovane appassionato di teatro, decise di iscriversi all’Accademia nazionale d’arte drammatica “Silvio D’Amico” di Roma, anche con la speranza di mettere un giorno in scena la “sua” versione del Giardino dei ciliegi, l’ultimo lavoro teatrale di Anton Cechov. Trent’anni dopo quel sogno sembrava fosse a un passo dal realizzarsi: l’attore salernitano Alfonso Liguori - reduce da una fortunata tournèe con Sebastiano Lo Monaco e Lelia Mangano De Filippo, con un classico del teatro comico italiano, “Non è vero... ma ci credo” di Peppino De Filippo - aveva trovato nel suo collega napoletano Antonio De Rosa il partner professionale giusto, la spinta che cercava, per mettersi al lavoro alla stesura de “Nu ciardino d’ ’e cerase”, adattamento dell’ultimo capolavoro che il drammaturgo russo regalò alla storia del teatro prima di morire.

Liguori e De Rosa cominciarono quindi a tradurre, con l’aiuto di una madrelingua russa, Olga Corenkova, l’opera in napoletano rivisitando luoghi e situazioni affinché il Giardino dei ciliegi potesse diventare una storia tutta meridionale, ambientata negli anni immediatamente successivi all’Unità d’Italia, quando tante famiglie del Sud dovettero pagare un alto dazio per favorire l’unificazione di un Paese. I due attori, nel portare avanti il loro progetto, chiamarono a collaborare alla stesura del testo il poeta Fausto Nicolini, il quale, però, dopo una serie di divergenze legate all’interpretazione generale dell’opera, decise di abbandonare il lavoro e, rivendicando la piena paternità dell’opera ormai quasi pronta per essere editata, finì con il trascinare in Tribunale i due ideatori della trasposizione. Il giudice del Tribunale civile di Roma, però, Vittorio Carlomagno, davanti al quale qualche giorno fa si è discussa la causa, ha respinto il ricorso intentato da Nicolini dando così ragione a Liguori e De Rosa, che ora sono quindi pronti a presentare il loro lavoro, già acquistato dalla casa editrice Oèdipus di Franco G. Forte, che presto potrebbe addirittura arrivare sulle scene, visto l’interesse suscitato tra alcuni importanti produttori teatrali.

Una vittoria per i due attori, soprattutto per Liguori, che da anni pensava di adattare l’opera di Cechov in chiave italiana: dalle campagne russe del 1904, l’attore salernitano fa un salto all’indietro per raccontare la vita che scorre in un paesino della penisola sorrentina negli ultimi anni dell’Ottocento. L’opera del drammaturgo russo narra le vicende di un’aristocratica russa e della sua famiglia al ritorno nella loro proprietà (che comprende anche un grande giardino dei ciliegi che dà, appunto, il nome all’opera), in seguito messa all’asta per riuscire a pagare l’ipoteca. La storia ruota intorno ai vari tentativi fatti per conservare la tenuta, che non danno gli esiti sperati: la famiglia alla fine è costretta a lasciare la proprietà; e la scena finale la mostra mentre abbandona il proprio terreno mentre il rumore degli alberi abbattuti fa da sottofondo. L’opera contiene il tema della futilità (sia la futilità dell’aristocrazia per mantenere la relativa condizione, sia la futilità della borghesia nel trovare i significati nel materialismo appena scoperto). Riflette, inoltre, le forze culturali che interagiscono nel mondo in quel periodo, incluse le dinamiche socio-economiche del lavoro in Russia alla fine del XIX secolo e la nascita della borghesia dopo l’abolizione del sistema feudale nel 1861, che ha portato alla conseguente decadenza dell’aristocrazia. Il 1861 è un anno fondamentale anche nell’opera riscritta da Liguori con l’aiuto di De Rosa: da lí comincia il processo di impoverimento e depredamento del Sud, obbligato a soccombere in nome di un’unità politica.

«Nu ciardino d’ ’e cerase - racconta l’autore - vuole essere un omaggio ai sacrifici fatti dal Meridione, e dal suo popolo, quando l’Italia fu unificata. Quello che penso sia successo, anche se in modo diverso, in tempi più recenti al nostro intero Paese con l’entrata in vigore dell’Euro».

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