Sarno

Stupro di gruppo parla la vittima «Un incubo. Voglio andarmene»

Parla la giovane sarnese aggredita ferocemente dal branco: «Prima confessano, ma ora dicono che è stata colpa mia»

SARNO. «Uno di loro è libero. Ho paura». L’incubo rivissuto 23 giorni dopo. Chiara (il nome è di fantasia), la ragazzina di Sarno violentata dai ragazzi del branco, ripiomba nell’angoscia. La sua voce è un filo: «Non è giusto – dice – per me non è giusto anche lui ha partecipato, mi ha violentato». La notizia degli arresti domiciliari concessi a Michele significa “paura”, paura che anche gli altri possono tornare liberi. «È stato lui – dice – che è andato a chiamare Giuseppe (l’amico che l’aveva tradita, ndr)». Chiara torna a quella maledetta domenica, ci torna allacciando un discorso su quei fatti, sorvolando su cosa è ora e su cosa era prima.

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Prima di quella maledetta domenica e del garage di San Valentino Torio. «Non sono più come prima – dice seduta, quasi rannicchiata sulla sedia dello studio del suo avvocato Alessandro Laudisio – gli altri che mi guardano con occhi diversi, pensano che l’ho voluto io tutto questo. Se avessi voluto non avrei denunciato. Ma io no non sono come le altre, quelle che hanno subito le stesse cose». Le tornano nella mente le parole dei suoi violentatori: «Stai zitta se no ti facciamo fare la fine delle altre». Altre ragazzine, lo stesso garage. «Prima hanno confessato, poi mi hanno dato la colpa», dice Chiara. «Quel giorno Giuseppe mi chiamò, disse che voleva vedermi, avevano organizzato tutto. Dovevo uscire con le mie amiche, e mentre aspettavo loro l’ho incontrato sul muretto. Poi ci siamo messi a parlare». Parole interrotte prima di ricordare: «Tutti e cinque sono stati dentro di me». La voce va via, gli occhi si riempiono di immagini e lacrime. «La mia vita è cambiata molto. Ora non esco più. La psicologa è venuta a casa, mi voleva vedere però non sono ancora andata».

Ma cosa prova Chiara nei confronti di quei ragazzi, quali sentimenti le suscitano? «Non lo so. Mi spaventa che i genitori abbiano fatto finta di nulla. Mai una parola di conforto nei miei confronti perché alla fine sembra che la colpa è la mia. Ci sono persone che li difendono, dicono che è stata colpa mia e questo mi fa male». Bravi ragazzi o bruti?

Non sa rispondere: «Loro lo hanno fatto per divertirsi, questo fa male a di più perché io ho dei sentimenti». Stare a casa, non uscire più da quel 26 giugno, pensare ai fratellini e alla sua mamma. «Mia mamma non mi ha imposto di non uscire, ma sono io che non voglio più». Ma a settembre Chiara deve tornare alla normalità: la scuola, le amiche, le uscite.

«È difficile tornare a scuola, anche lì ci saranno persone che mi daranno la colpa per quello che è successo. Mamma voleva cambiare paese, ma non possiamo, non c’è la possibilità. Mi piacerebbe andare via».

La mamma le sta accanto: «Lui ha partecipato. Perché non è intervenuto? Perché non ha aiutato mia figlia? Perché è stato premiato? Mia figlia è tornata a essere come quella sera. La mamma di questo ragazzo si mettesse nei panni di una donna violentata. Può riabbracciare il figlio?».

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