Sotto sequestro la barriera anti erosione

Quattro indagati per il maxi-appalto da 2 milioni di euro gestito dall’Autorità di Bacino e dal Comune. Le indagini del pm

CASTELLABATE. Una barriera sottomarina lunga diverse centinaia di metri in uno dei tratti più belli della costiera cilentana. L’opera pubblica è stata sequestrata ieri nel comune di Castellabate, nell’area marina protetta tra punta Tresino e punta Licosa, dagli agenti della Forestale. Si tratta di un maxi-progetto del valore di circa due milioni di euro che dovrebbe servire ad arginare il fenomeno dell’erosione costiera. Ma da ieri i lavori sono fermi.

Lo ha stabilito il gip Valeria Campanile del Tribunale di Vallo della Lucania che ha ordinato il sequestro preventivo del cantiere. Nei guai sono finiti in quattro: il responsabile del procedimento del Comune e dell’Autorità di Bacino, il direttore dei lavori ed il titolare dell’impresa esecutrice.

Le accuse della procura. I lavori, secondo la ricostruzione effettutata dell’autorità giudiziaria sulla scorta delle verifiche effettuate, sarebbero stati svolti “in totale inosservanza delle prescrizioni impartite dall’Ente Parco a tutela dell'Area Marina Protetta” in un’area ricca di biodiversità dove sono presenti estese praterie di Posidonia oceanica e coralligeno, ovvero un tipo di concrezione detritica costituita da svariati tipi di organismi animali e vegetali. Secondo gli inquirenti “per salvaguardare tale area sarebbe stato necessario, durante l’esecuzione dei lavori, un monitoraggio che tenesse conto della finalità di mitigazione dell’erosione ma che tutelasse anche quel complesso equilibrio ambientale tipico di un’Area Marina protetta».

Il progetto anti-erosione. Il progetto era stato finanziato dal ministero dell’Ambiente attraverso l’Autorità di bacino, nell’ambito di un accordo di programma con il Comune di Castellabate che aveva il ruolo di stazione appaltante.

Il progetto prevedeva un sistema di barriere sommerse “compatibili con l’ambiente circostante”, secondo le più avanzate tecniche di ingegneria naturalistica. In particolare era prevista la riorganizzazione delle scogliere emerse, sostituendole con due barriere longitudinali sommerse e due piccoli pennelli, tali da costituire una cella con varco.

Queste opere, almeno secondo i tecnici, avrebbero permesso la riduzione dell’energia del moto ondoso sulla costa contribuendo alla riqualificazione dell’area.

I lavori erano iniziati nel mese di gennaio scorso. Ora però tutto è fermo. Toccherà all’autorità giudiziaria decidere il da farsi. Sulla vicenda vige il massimo riserbo. Non sono esclusi però, nelle prossime ore, ulteriori risvolti giudiziari che potrebbero interessare anche amministratori pubblici.

L’inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore Paolo Itri, è ancora aperta. Purtroppo il fenomeno dell’erosione costiera interessa molte località marine del Cilento: negli ultimi anni da Sapri a Salerno sono stati spesi svariati milioni per progetti e interventi tamponi che però, solo in pochissimi casi, hanno dato risultati positivi.

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