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Sotto inchiesta gli esami da avvocato

Oltre sessanta indagati con l’accusa di falso: hanno copiato il compito da un sito internet specializzato in legge

SALERNO. Sono oltre sessanta gli aspiranti avvocati che la Procura diNocera Inferiore ha messo sotto inchiesta per l’esame di stato svoltosi nel dicembre del 2015 all’Università degli studi di Salerno, negli spazi del campus di Fisciano. Sono indagati con l’accusa di falso in concorso, per aver tentato di ingannare la commissione d’esame copiando gli elaborati da un sito internet.

L’indagine è arrivata all’attenzione degli uffici giudiziari di Nocera dopo il passaggio a Salerno, trasferita per competenza territoriale perché nel dicembre dello scorso anno il territorio della Valle dell’Irno era già passato dalla giurisizione del Tribunale di Salerno a quella di Nocera. La segnalazione agli inquirenti del capoluogo era partita da Brescia, distretto di Corte d’Appello che era stato incaricato tramite sorteggio delle correzioni degli oltre mille compiti scritti svolti a Salerno. È stato nel corso di quelle correzioni che ci si è accorti che sessanta compiti (65 secondo le indiscrezioni) erano del tutto uguali. Quella copiatura pedissequa, senza modifiche che potessero introdurre elementi di originalità, ha tradito gli esaminandi, mettendo i commissari sulle tracce di un telefono cellulare da cui sarebbe partita la connessione internet per il sito che metteva a disposizione lo svolgimento delle tracce d’esame.

La notizia ha provocato non poca agitazione nei corridoi del palazzo di giustizia nocerino, visto che tra gli autori dei compiti sospetti vi sono un sottufficiale dei carabinieri, il figlio di un magistrato e un ufficiale della Guardia di Finanza. Le assegnazioni del corposo filone riguardano due diversi uffici, affidati ai sostituti procuratori Giuseppe Cacciapuoti ed Ernesto Caggiano, i quali potrebbero esaminare separatamente le posizioni degli aspiranti avvocati, aprendo distinti fascicoli d’inchiesta. Seppure al momento i dettagli dell’indagine restino sottoposti al segreto istruttorio, l’allerta è già scattata per il folto gruppo di praticanti approdati l’anno scorso al difficile scoglio dell’esame di abilitazione alla professione, alcuni già “falciati” nel corso delle passate sessioni.

Lo scandalo 2015, che nei prossimi giorni sarà sottoposto a ulteriori approfondimenti, è una sorta di aggiornamento di una storia che si ripete a intervalli regolari. Esplode all’indomani della sessione di esame del 2016, anch’essa interessata da lamentele, chiacchiere su brogli veri e presunti e ipotesi di successivi esposti. La scena di ogni sessione d’esame vede le aule presidiate da commissari e controllori, il silenzio dell’attesa e il terno al lotto delle tracce, con richieste di aiuto all’esterno per affrontare la stesura di atti, ricorsi e trattazioni nei diversi ambiti del lavoro legale. Nel mirino, come sempre, ci sono le assistenze tramite web e telefonini, con il divieto di comunicazione via cellulare, il sequestro di apparecchi smart e le temute sospensioni all’istante per gli esaminandi colti in fallo. «È uno schifo, ancora una volta. I controlli e i divieti non valgono per tutti», commenta una praticante reduce dalla sessione 2016 che si impone anonimato e riservatezza. Non si escludono, anche per quest’anno, esposti, azioni legali e richieste di controllo, con la coda dei ricorsi a ingolfare l’exitus ufficiale della prova. Il riferimento delle lamentele, neanche troppo velate, va dritto al monitoraggio severo delle schiere di esaminandi che prevederebbe, al solito, una muraglia di controlli nelle aule individuate per le prove, ma con falle che secondo alcuni sarebbero previste ad hoc per favorire e lasciar correre gli aiuti ai soliti noti.

L’inchiesta giudiziaria è soltanto agli inizi, ma già ha suscitato clamore tra le migliaia di iscritti e aspiranti all’ambìto e inflazionato ordine professionale dell’avvocatura. Il dito di ogni candidato, prima ancora di conoscere l’esito finale, prima di ogni ulteriore ed eventuale inchiesta, punta sui favoritismi.

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