Sosta, non ci sarà la multa se il grattino è scaduto

I Giudici di pace danno ragione agli automobilisti, la legge non la contempla I Comuni possono chiedere solo il pagamento della differenza oraria

Il “grattino” per la sosta oraria è scaduto e il solerte ausiliario del traffico (o l’agente della polizia municipale) vi ha elevato una contravvenzione di 25 euro? Avete mal ponderato i tempi del vostro appuntamento, l’orario indicato sul ticket per la sosta è scaduto da tempo, ed avete trovato sul parabrezza la multa? Sappiate che ora queste contravvenzioni sono nulle. O meglio, come chiarisce una giurisprudenza ormai consolidata, “inesistenti”.

A stabilirlo numerose sentenze dei giudici di pace di tutta Italia, che hanno ovunque stabilito che questa tipologia di infrazione non è prevista da alcuna norma del codice della strada. La possibilità di sanzionare per parchimetro scaduto è in verità prevista dall’articolo 7 del Codice della strada, ma limitatamente al comune proprietario dell’area, con espressa esclusione, quindi, di quelli che un tempo venivano chiamati “vigilini”, dipendenti di una società che ha in concessione il servizio. Questi ultimi possono solo esercitare tutte le azioni per il recupero delle somme dovute.

Un orientamento giurisprudenziale talmente radicato e diffuso da aver indotto – notizia di appena qualche giorno fa – il Ministero dei Trasporti ad emanare una apposita circolare con cui si informano le varie amministrazioni locali e le società concessionarie delle possibili ripercussioni di questo andazzo (giacché sono molte le amministrazioni locali che proprio dalla gestione esterna dei parcheggi a pagamento mediante ticket e grattini, traggono linfa vitale per i propri bilanci).

Ebbene, ormai l’orientamento dei giudici di pace è praticamente univoco: la sanzione per ticket scaduto è “inesistente” perché non prevista da alcuna norma. Non si tratta quindi, né può trattarsi, di un illecito amministrativo: se mai all’automobilista poco accorto, può essere contestato il mero inadempimento (l’aver fruito cioè di un servizio, senza pagarne il corrispettivo). L’ente – o la società che ha in gestione il parcheggio – potrà a pieno titolo pretendere il recupero del credito e quindi il pagamento della differenza. Ma non potrà addebitare, mancando appunto l’illecito amministrativo, qualsivoglia sanzione.

L’ultimo giudice di pace (ma soltanto in ordine di tempo) ad essersi pronunciato in tal senso (provocando la corsa ai ripari del Ministero dei Trasporti) è il giudice di pace di Lecce. Vi è anche da dire, però, ad onor del vero, che la questione riguarda solo coloro i quali intendono “impuntarsi” e prendersi le proprio soddisfazioni con le amministrazioni comunali o con le società che gestiscono la sosta. La contravvenzione solitamente elevata è infatti di 25 euro: un ricorso al giudice di pace ne costerebbe 37 di solo contributo unificato. È vero che la parte soccombente (in questo caso l’amministrazione comunale) dovrà poi rimborsare le spese di giudizio, ma è evidente che recuperare queste somme quando si ha a che fare con enti territoriali (ed in particolare con Comuni), dalle casse disastrate, è cosa alquanto tortuosa. Al danno quindi s’aggiunge ineluttabilmente la beffa: se non si paga (e non si intende presentare ricorso al giudice di pace) si rischia la cartella esattoriale, che non potrà essere più impugnata per vizi del verbale.

Insomma all’automobilista, conviene comunque pagare. Anche se la legge, e la giustizia, sono dalla sua parte.

Remo Ferrara

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