Sesso in canonica

"Sono vittima di abusi, il Papa mi aiuti"

Chiesto un intervento sul frate accusato di molestie e sull'arcivescovo Moretti

Il processo che lo vede vittima delle presunte molestie sessuali di un sacerdote inizierà a maggio. Ma prima ancora della giustizia penale, il giovane che con la sua denuncia ha fatto partire l'inchiesta chiede che a intervenire sia la Chiesa. E per questo ieri mattina non ha esitato a indirizzare al Papa una lettera in cui punta l'indice non solo sul frate accusato di abusi, ma anche sul parroco che non lo ha fermato e persino sull'arcivescovo Luigi Moretti, a cui rimprovera di non avere ancora adottato provvedimenti disciplinari nonostante una denuncia così pesante e le reiterate richieste di intervento. Nei confronti del religioso finito sul banco degli imputati, accusato di violenza sessuale continuata a aggravata, si sollecita la sospensione cautelare dalle funzioni sacerdotali e poi la riduzione allo stato laicale.

Al suo superiore in parrocchia e a monsignor Moretti chiede invece il risarcimento dei danni sia morali che materiali: al primo per non aver «vigilato sui comportamenti di perversione sessuale del suo sottoposto»; al secondo perché «quale superiore gerarchico dell'ordine diocesano è stato destinatario della richiesta di rinvio a giudizio del sacerdote» e tuttavia «da maggio a tutt'oggi non ha provveduto a sospendere cautelarmente il sacerdote, che ha continuato nelle sue funzioni all'interno della chiesa celebrando numerosi matrimoni e funerali, senza renderlo inoffensivo». La vicenda inizia nel maggio del 2013, quando l'allora 29enne, di origine straniera ma residente nella Valle dell'Irno, conosce il religioso. Secondo la denuncia è quest'ultimo, approfittando della sua condizione di disoccupato, ad attirarlo in canonica con un'offerta di lavoro. L'occasione la danno alcuni lavori di manutenzione straordinaria alla chiesa, a cui si aggiunge la proposta di una retribuzione fissa per svolgere le mansioni di autista. Il 29enne accetta, e acconsente qanche quando il frate gli propone di restare a dormire in canonica per agevolarlo sulle spese di viaggio e di alloggio.

È da quel momento che sarebbero inziate le molestie: incursioni notturne, baci, palpeggiamenti, anche il tentativo di un rapporto orale. «Io mi sono sempre rifiutato, e lui mi minacciava che se non avessi ceduto mi avrebbe mandato via facendomi perdere tetto e lavoro» ha poi ricostruito il giovane, presentandosi a settembre del 2013 in Procura e formalizzando la denuncia con l'ausilio degli avvocati Mario Valiante e Alessandro Caiazza. Da lì è partita l'inchiesta, che ha indotto il pubblico ministero a chiedere per l'indagato gli arresti domiciliari (misura rifiutata dal gip) e poi a formalizzare la richiesta di rinvio a giudizio. È stato il difensore Arnaldo Franco a ottenere, lo scorso dicembre, che si saltasse l'udienza preliminare e il processo fosse celebrato con rito immediato, facendo chiarezza anche sulla relazione psichiatrica che indica il frate come affetto da un disturbo della personalità con perversioni sessuali. L'immigrato che lo ha denunciato chiede però che la Chiesa intervenga anche prima, aprendo un procedimento dinanzi al Tribunale ecclesiastico e attivando azioni disciplinari. Conclude la lettera spiegando di attendere un provvedimento esemplare del Papa, «anche a tutela della stragrande maggioranza di sacerdoti puri e onesti e soprattutto per i tanti fedeli».