«Soltanto indizi e nessuna prova» 

Le arringhe dei difensori al processo contro i paganesi accusati di rapine

«Solo ipotesi fantastiche». «Indizi, spunti e poco altro». «Nessuna prova». Così i legali dei cinque presunti componenti della gang di paganesi accusata di possesso di armi e associazione a delinquere, nelle arringhe al processo “Fabbro” puntano sull’inconsistenza del quadro probatorio. È il turno della difesa, con i dubbi alla base dell’intero costrutto della Procura Antimafia di Salerno.
«Aleggiano le rapine - argomenta l’avvocato Agostino De Caro - ma mi chiedo dove sono. Dove sono le rapine? Ci sono soltanto ipotesi fantastiche di cui non si ha riscontro. E poi contatti tra parenti, impronte su un cappellino e le armi. Dove però le impronte non ci sono». La questione posta dal legale riguarda le finalità sospese nelle informative e nelle intercettazioni, cioè gli episodi di rapina, non contestati e non concretizzati, per una banda senza obiettivi, mai chiamata a rispondere di una serie di episodi criminali in realtà ridotti al rango di fatti fantasmatici.
Questo è vero dal punto di vista giudiziario, ovviamente, perché i blitz alla galleria Seminario e quello a Pontecagnano sono stati eseguiti con armi pesanti, mezzi attrezzati e bande chiodate. Ma gli imputati non sono accusati di nessuno di questi episodi. L’avvocato Vincenzo Calabrese lo spiega con ulteriore chiarezza: «Ci sono questi spunti investigativi, ma restano lì. Ci sono le reazioni degli imputati, intercettati telefonicamente, rispetto a degli altri episodi fuori da questo procedimento. Arrestano Sassolino con un garage pieno di munizioni e accessori, e si preoccupano. Ma sono parenti e amici. Vogliono un buon esito per il suo processo. E allora? Questo dimostra che sono una gang? Sono suggestioni, come le reazioni raccontate dalle compagne degli imputati, che nulla dimostrano. Sono forse prove?»
Il processo arriverà a sentenza venerdì prossimo, quando il collegio presieduto dal giudice Domenico Diograzia deciderà sulle richieste del pm Vincenzo Montemurro, titolare dell’indagine antimafia, che ha chiesto per tutti e cinque gli imputati nove anni di carcere, ritenendoli un gruppo armato specializzato.
Il processo riguarda i paganesi Antonio Cascone, Gaetano Ceglia, Enrico Laierno, Mario Di Maio e Alfonso Manzo, con l’assoluzione per la posizione di Mario Zottoli, di Acerno. All’origine del processo c’era l’arsenale individuato nel garage perquisito a gennaio 2012, nella disponibilità del già giudicato Pietro Sassolino, nel parco “Sonia” a Pagani. Mentre un altro stralcio ha chiuso con assoluzioni per tutti al termine di un precedente rito abbreviato davanti al Gup del Tribunale di Salerno.
Alfonso T. Guerritore
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