«Solo con il carcere ho perso il mio vizio»

Ne “La debolezza della volontà” lo scrittore racconta la sua vita stravolta dal vortice dell’azzardo

«Le mie bussole per uscire dal tunnel del gioco d’azzardo sono state la famiglia e la cultura», dice Andrea Costantino, autore del libro “Ludopatia. La debolezza della volontà”. In questo testo edito in maggio, Costantino, di origini lucane che ha vissuto anche a Salerno, racconta la sua esperienza tormentata. Dalla gioventù da saltuario ludopata iscritto al liceo Tasso di Salerno, alla maturità da direttore amministrativo, assessore alla cultura a Lagonegro e giocatore incallito.

«Avevo delle apposite agende sulle quali annotavo tutte le vincite -dice- omettendo le ben più frequenti perdite. Mi mancava la coscienza di essere coinvolto fino a un punto di non ritorno. Ero come un ragioniere che mente a se stesso. Quando perdevo, perdevo pure l’agenda», confessa. Nel ’96 la sua ludopatia si acuisce.

Da segretario diventa funzionario di cancelleria, responsabile dell’ufficio corpi di reato. Mentre festeggia la promozione con i colleghi, gli prende una improvvisa e irrefrenabile voglia di giocare. Il giorno era il 4 marzo ’96. Alla Tris punta sui cavalli numero 4, 5, 9 e 6, indovinando la loro graduatoria di arrivo. «Si trattò dell’effetto luna di miele -dice - quando cambi gioco la prima volta capita spesso di vincere. Ma dura poco. Come una luna di miele, appunto. Dopo una dipendenza da videopoker, quando fu introdotto il superenalotto, la sua unica divinità divenne il jackpot».

«Nel mio paese ero il guru delle scommesse - dice - Come per il giocatore di Dostojevskij, per me contavano solo il pari e il dispari, il rosso e il nero, la doppia e la tripla». Nel ’98, la preoccupazione per una malattia muscolare del figlio lo porta ad aumentare le sue puntate. Apre quattro fidi bancari contemporaneamente. «L’allora direttore del Banco di Napoli mi fece fare un mutuo fondiario - racconta - Venute meno le coperture del prestito, mia madre fu costretta a mettere la casa in garanzia. Nel giro di 4-5 mesi mi fu dato questo mutuo. Avevo vari buchi. A un certo punto, accortomi di non farcela, mi rivolsi a un fondo antiusura. Pareva che mi aiutassero, ma poi niente. Nel ’98, quando persi la bussola, ero vicesindaco. All’epoca ero molto attivo nel movimento ambientalista, consigliere nazionale per il direttivo dei Verdi, andavo a riunioni, i rapporti col prossimo erano di stima reciproca. Ma presto cominciai a chiedere soldi ad amici e parenti».

Dal 2003 Costantino cominciò a prelevare le armi e i pacchi di droga dei sequestri di cui si occupa per lavoro e a barattarli con il titolare di un’agenzia in cambio di puntate gratis. «Un giorno uno dei poliziotti mi chiese un’arma - racconta - Mi fiondai dal gestore. Disse che me l’avrebbe restituita solo in cambio di un’altra. Procuratomi l’arma, lo incontrai in un posto molto isolato della campagna lucana.C’era una stradina di campagna che si perdeva in un boschetto, erano le 20.30 del 27 gennaio 2007. Ero quasi completamente al buio, illumino con i fari la strada e non C’era niente. Poi, vedo un calzino bianco dai spugna. Sento uno scalpiccii. Ma non erano cani, bensì carabinieri. Io quasi lo volevo quel’arresto. Quella sera dovevo presentare un libro come assessore, e invece di essere lì ero andato all’appuntamento. Avevo perso il senso della realtà, pur di giocare non avevo più paura di nulla». «Siamo pronti per 20-30 arresti se ci fai i nomi», disse il brigadiere, che pensava avesse rapporti con la mafia. «Quella sera pensai che la mia carriera e la mia vita fossero finite. Per fortuna era finito solo il vizio del gioco» conclude. Dopo aver ricevuto una condanna definitiva, Costeggiato trascorre un periodo di detenzione a Sala Consigliano. Poi nel carcere di Deboli, comincia a maturare la sua passione per la scrittura. «Chissà che al vizio del gioco non si sostituisca quello della scrittura». ©RIPRODUZIONE RISERVATA