TRASPORTI

Sicignano-Lagonegro, costi alle stelle

Sala Consilina, per riaprire la vecchia linea ferroviaria che attraversa il Diano è stata indicata una spesa di 700 milioni

SALA CONSILINA - Per il ripristino della ferrovia Sicignano- Lagonegro occorrono 700 milioni di euro. Qualcosa come 10 milioni di euro a chilometro per la tratta commerciale e invece 270 milioni di euro per quella turistica. Sono questi i costi emersi dallo studio di fattibilità costato, a sua volta, 1,7 milioni di euro e commissionato dalla Regione Campania a Rete Ferroviaria Italiana. Le cifre emerse dallo studio sono molto più alte di quelle che si ipotizzavano. E rendono molto difficile l’investimento per la riapertura della vecchia tratta ferroviaria quando è prevista, lungo la stessa direttrice, la linea dell’Alta Velocità che collegherà la Campania alla Calabria. E per la quale è prevista la realizzazione di una stazione nel Vallo di Diano. Una cifra così alta - hanno spiegato i tecnici che hanno redatto il progetto - scaturisce dalla necessità di rifare quasi del tutto la linea, gallerie incluse. Per poi farla percorrere da un treno che andrebbe a una velocità uguale se non inferiore ai treni che l’hanno percorsa fino al 1987.

La tratta Sicignano- Lagonegro è diventata il simbolo delle ferrovie abbandonate nel Meridione e porta con sé un carico di situazioni paradossali. Il primo tratto della linea realizzata dalla Società per le Strade Ferrate del Mediterraneo venne inaugurata il 30 dicembre del 1886 e arrivava fino a Sala Consilina. La linea ferroviaria veniva percorsa ogni giorno da otto treni e aveva un notevole numero di viaggiatori fino a quando nel 1987 venne chiusa per consentire di effettuare dei lavori di ammodernamento della tratta con l’elettrificazione. Da allora sono trascorsi quasi 35 anni ma quei lavori non sono mai iniziati e la linea ufficialmente non è stata mai chiusa. Infatti risulta ancora attiva e in attesa di esecuzione dei lavori. I binari attraversano il Vallo di Diano in parallelo all’A2 del Mediterraneo e alla statale del Vallo di Diano. Negli ultimi trent’anni le promesse politiche sull’impegno per la riattivazione della linea ferroviaria sono state al centro degli argomenti delle campagne elettorali. Promesse mai mantenute, ovviamente. Negli anni scorsi è nato anche un Comitato per la riapertura della tratta ferroviaria, ma tutto lascia intendere che non c’è alcuna intenzione di far tornare i treni nel Diano. Se non quelli dell’Alta velocità.

A riprova di ciò c’è lo stato di abbandono in cui versano le stazioni, la rimozione di parte dei binari e di altre infrastrutture necessarie per il funzionamento della linea come ad esempio i ponti in ferro smantellati a Padula, nel 2018. La storia degli studi di fattibilità dedicati alla riapertura della ferrovia ha avuto inizio nel 1999 quando venne reso noto l’esito di uno studio tecnico economico realizzato dagli ingegneri delle Ferrovie dello Stato in base al quale emerse che sarebbero stati necessari 64 miliardi delle vecchie lire per la riapertura al traffico della Sicignano- Lagonegro e il Cipe ne stanziò 5 di miliardi di lire da utilizzare per la progettazione esecutiva della struttura. Qualche anno dopo, nel 2002, la Regione Campania, commissionò un altro studio di fattibilità che, dopo una regolare gara, venne realizzato, al costo di 180mila euro da una società di ingegneria del Veneto e consegnato nel 2006 con una previsione di spesa per la riattivazione della ferrovia 8 volte superiore a quella del precedente studio: 400 milioni di euro. Nel 2019 viene commissionato l’ultimo studio di fattibilità quando dalla Regione.

Erminio Cioffi