«Siamo tornati migranti sia pure in forma nuova» 

L’incontro e il messaggio natalizio di monsignor Giudice all’Agro nocerino sarnese «Questa terra vive con il freno a mano tirato. Va distinta la povertà dalla miseria»

Sin da quando è arrivato alla guida della diocesi di Nocera Inferiore-Sarno, il 4 giugno 2011, monsignor Giuseppe Giudice ha parlato alla terra dell’Agro. Non singole città, ma un unico territorio che vive gli stessi problemi e ha le stesse speranze. Lo ha ribadito anche ieri mattina, incontrando la stampa nel Salone degli stemmi del Palazzo vescovile di Nocera Inferiore per gli auguri di Natale e il bilancio dell’anno che volge al termine.
«Dall’inizio del mio ministero – ha detto – ho usato il termine terra dell’Agro. Durante gli incontri istituzionali di quest’anno, in particolare in occasione della visita pastorale di questi mesi, ho detto con molta chiarezza le difficoltà di questo territorio. L’Agro – ha aggiunto – vive con il freno a mano tirato». Le indicazioni del pastore, infatti, non sono centellinate. Monsignor Giudice interviene spesso sui temi di carattere sociali, per questo propone ogni anno il Discorso alla Città, ma non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire: «Qualcuno avrebbe bisogno del cotton fioc per poter meglio ascoltare».
Il vescovo non cede agli argomenti spot, «ogni tanto si mettono in mezzo dei temi» per fare sensazionalismo, per l’Agro occorre «fare un discorso di insieme». Sollecitato dai giornalisti, è intervenuto pure sul tema migranti. In primis ha fatto un parallelismo con i tanti che vanno via dall’Italia: «Eravamo migranti e siamo tornati ad esserlo in una forma nuova». Sul tema dell’accoglienza ha precisato che si tratta di «questioni sociali» che vanno affrontante con soluzioni «politiche e non partitiche». Non grida manzoniane o «parole usate come clava», ma fare: concretezza. «È necessario e urgente distinguere il migrante dal delinquente» e chiarire il fatto che «i migranti sono usati come manovalanza per le nostre cose, anche per delinquere, ma la mente è sempre nostra».
Una considerazione che il vescovo ha fatto citando quanto gli viene riferito durante gli incontri con le forze dell’ordine avvenuti in questi anni di ministero nell’Agro e nel corso del primo anno di visita pastorale alla Diocesi. Sulla questione “abolizione della povertà”, a una domanda specifica ha risposto: «La povertà non si sconfigge, ma si deve accompagnare. Possiamo dare alle persone anche palazzi interi, resta però la povertà umana. Quella da sconfiggere è la miseria, che va distinta dalla povertà». Il vescovo ha poi chiesto di prestare attenzione al mondo della disabilità. Lo ha fatto richiamando la Lettera di Natale “Una visita a Betlemme” e partendo da un presepe di cartone donatogli da una ragazzina ospite di una struttura di riabilitazione: «Siamo incapaci di accogliere le diversità di questo mondo».
Infine, ai giornalisti ha chiesto di essere come i magi: «Hanno saputo distinguere tra le fake news di Erode e la buona notizia della grotta. Hanno dimostrato di essere attenti al più povero, non alla verità del Palazzo. Abbiamo bisogno di persone che sappiano dare notizie, mostrare la realtà in modo prismatico, prestando attenzione all’umano. Un aspetto, quest’ultimo, che invece stiamo mettendo da parte».
Salvatore D’Angelo
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