L'EDITORIALE

Si vota in 40 Comuni, il rischio referendum

Oggi e domani il popolo sarà chiamato a scegliere chi dovrà governare per i prossimi 5 anni

Dopo una lunga e tormentata campagna elettorale siamo giunti dunque al momento decisivo. Oggi e domani gli elettori salernitani saranno chiamati a scegliere sindaci e consiglieri di 40 Comuni. Si rinnova dunque il dettato della nostra Costituzione che affida al popolo sovrano - e non suddito - il potere di designare chi dovrà, nel rispetto del programma sottoposto agli elettori, governare per i prossimi cinque anni il piccolo Municipio come la grande città. Un ritorno al voto importante per diversi motivi. Innanzitutto quello legato al momento che sta attraversando il nostro Paese: stiamo uscendo lentamente e con grande difficoltà dall’emergenza sanitaria provocata dalla pandemia Covid. L’incubo del contagio è per fortuna quasi alle spalle, grazie ai vaccini. Ma ora bisogna affrontare probabilmente lo scoglio più insidioso, quello della ripresa economica e produttiva. E questo perché il nostro Paese, ben prima che scoppiasse l’emergenza Covid, era già alle prese con una crisi profonda, di sistema: assenza di lavoro e di prospettive per i giovani; una classe dirigente inadeguata ad affrontare le sfide dello sviluppo; una gestione parassitaria e clientelare delle risorse pubbliche.

C’è il concreto rischio che il ritorno alle condizioni pre-Covid si traduca in una riproposizione dei vecchi e consolidati vizi della classe politica locale e nazionale e non in un vero cambiamento del governo della cosa pubblica. E, purtroppo, i segnali negativi in tal senso sono sotto gli occhi di tutti. La sensazione che si avverte parlando col semplice cittadino, con l’imprenditore, il commerciante è quella di una frattura, un distacco tra chi si propone come futura classe dirigente e l’elettore chiamato a scegliere. Un solco di diffidenza che peserà e non poco su queste elezioni amministrative. Tutti i sondaggi - autorevoli o meno - proposti in queste settimane dai vari candidati sindaci segnano una larga fetta di indecisi o, peggio, di persone che domani e lunedì sceglieranno di non votare.

Altro elemento non secondario è quello della partecipazione. Quest’anno, pur con l’abbassamento del quorum nei piccoli comuni al di sotto dei 15mila abitanti e del numero di firme da presentare per la presentazione delle liste, molti partiti o “civiche” hanno incontrato difficoltà a individuare i candidati. Un dato su tutti: in otto comuni del Salernitano gli elettori si troveranno di fronte un solo aspirante sindaco, una sola lista di consiglieri. Un segnale di disaffezione alla politica preoccupante. Altro rischio è che queste comunali si trasformino in una sorta di referendum sul governatore della Campania, Vincenzo De Luca. Un giudizio sulle sue capacità di governo della Regione a prescindere da chi, in suo nome, si candida ora alla guida di un Comune. Del resto lo stesso De Luca non ha fatto nulla per evitare questa sovrapposizione: ha dispensato promesse di milioni di risorse pubbliche un po’ ovunque; ha inaugurato piazze e aeroporti, passeggiato con questo e quel candidato, affibbiando patenti di credibilità e lanciando anatemi nei suoi interventi settimanali in diretta streaming. Un copione collaudato, insomma, rafforzato dal consenso bulgaro ottenuto alle scorse regionali. Un presenzialismo propagandistico che ha alimentato il dibattito politico, spostandolo di fatto dai temi concreti, quelli che interessano davvero i cittadini. Una dissimulazione che anche stavolta ha funzionato, visto che alla fine - praticamente in tutti i Comuni salernitani chiamati al voto - il confronto tra gli aspiranti sindaci si è ridotto all’essere o meno un “deluchiano”.

Poca cosa rispetto alle sfide che gli Enti locali saranno obbligati ad affrontare nei prossimi anni. A Salerno, come nel più piccolo paese dell’entroterra, infatti, si sono registrate pesanti difficoltà di bilancio legate alla sostenibilità della spesa per i servizi pubblici essenziali. Debiti su debiti, sperperi, pessimo governo delle risorse le cause del dissesto dei Comuni che, di certo, non potranno essere risolte dall’essere o meno gradito o amico del governatore. Occorreva e occorre una visione diversa della politica che purtroppo non è arrivata nemmeno dalle cosiddette forze antagoniste a un “sistema” di potere che si rinnova almeno da trent’anni nella nostra provincia attraverso volti più o meno noti.
La tornata elettorale che ci apprestiamo a vivere rischia di essere - almeno per Salerno, Battipaglia e Eboli - non risolutiva. All’orizzonte c’è infatti la concreta ipotesi dei ballottaggi, un ritorno alle urne per designare i nuovi sindaci, il futuro delle nostre comunità.