Sgominata banda di finti agenti finanziari 

In cinque ai domiciliari: facoltosi imprenditori truffati dall’organizzazione che operava tra Salerno e Pontecagnano

PONTECAGNANO. Truffavano facoltosi imprenditori prospettandogli facili finanziamenti milionari con poche garanzie. È stata smantellata dalla Finanza di Salerno una banda di cinque persone che aveva instaurato il proprio quartier generale al confine tra Pontecagnano e Salerno.
I finanzieri hanno dato esecuzione ieri ad un’ordinanza di misura cautelare agli arresti domiciliari firmata dal gip Pietro Indinnimeo. Gli indagati colpiti da misura restrittiva sono Pompeo D’Auria di Montoro Inferiore, a capo dell’associazione per delinquere finalizzata alle truffe, Stefano Di Palma e Domenico Pepe di Nocera Inferiore, Vincenzo Gallo di Solofra e Nicola La Valle di Roma.
I truffati. Una decina sono gli imprenditori cascati nella trappola messa in piedi dell’organizzazione delinquenziale. Si tratta di imprenditori che si erano fatti ammaliare dalla “civetta” dei finti agenti finanziari che, servendosi di un noto marchio del settore (ignaro dei loro traffici e completamente all’oscuro della loro esistenza) avevano messo in rete per accalappiare clienti. Nella rete messa in piedi dai cinque arrestati si finiva impigliati anche solo compilando un format su internet con i propri dati. Subito dopo partiva la macchina organizzativa per mettere in pratica la truffa.
Gli attori. La banda si muoveva secondo un copione, in stile cinematografico, dove ognuno aveva un ruolo secondo la scena da recitare per rendere credibile la falsa offerta di finanziamento. C’era il finto notaio che guardava sott’occhi le carte, il fantomatico presidente che appariva per assicurarsi del buon esito delle pratiche e agente assicuratore che colpiva con una pacca il cliente rassicurandolo di stare in buone mani. L’andirivieni di persone dagli uffici della “banca”, ospitata in una palazzina alle spalle del cementificio, è stata documentata dai finanzieri con fotografie e appostamenti, attività eseguite su delega del sostituto procuratore Valleverdina Cassaniello, che ha coordinato le indagini.
La garanzia. Agli imprenditori veniva chiesto solo una firma su un contratto di fidejussione con una società esterna all’organizzazione. Era a scelta tra una finanziaria con radicamento sull’isola di Malta o l’altra in Lussemburgo, il granducato dove l’economia è basata largamente sul settore bancario. I clienti truffati dovevano versare somme consistenti e staccare assegni a più zeri. C’è chi c’ha rimesso anche 200mila euro. Le vittime venivano individuate tra le società che avevano bisogno di liquidità per incrementare le proprie produzioni e, in un caso, per ampliare anche la forza lavoro. L’autoriciclaggio. Manco a dirlo che i finanziamenti promessi non andavano a buon fine. E quando i clienti se ne accorgevano, gli indagati si eclissavano. I finanzieri, inoltre, hanno ricostruito i passaggi che faceva il denaro versato a copertura delle fidejussioni. I soldi delle vittime – almeno mezzo milione di euro – venivano veicolati attraverso una galassia di società, alcune riconducibili a persone indagate a piede libero. L’approdo finale erano i conti correnti degli stessi indagati che, in questo modo, si sarebbero macchiati anche di autoricilaggio.
Massimiliano Lanzotto
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