Sfiducia, il centrodestra non vota la sua mozione

Caso Mastursi: De Luca incassa l’ok della maggioranza. I silenzi di Topo e Casillo M5s appoggia l’iniziativa del resto dell’opposizione ma accusa e scoppia il caos

INVIATO A NAPOLI. Il centrodestra che non riesce a votare la sua stessa mozione di sfiducia. I grillini, che dopo i fatti di Quarto, continuano a far finta che quella vicenda non gli abbia cambiato i connotati. Il Partito democratico, quello dei Casillo e dei Topo, che stranamente non prendono la parola contro la mozione di sfiducia. E De Luca che mette in scena tutto il suo repertorio migliore, e con un colpo di cabaret condito dal solito Cervantes («partirono per fare la lana e tornarono tosati») polverizza la Ciarambino - che esce dall’aula per non ascoltare - e mette in ridicolo il centrodestra: «Una mozione di sfiducia vintage, un po’ arretrata» sostiene De Luca e sul piano più politico: «È come dire: Grillo è grande e Armando Cesaro è il suo profeta». Amen.

Era stato proprio Cesaro a presentare la mozione di sfiducia puntando l’indice sulla «poca trasparenza» in occasione delle dimissioni di Nello Mastursi, attaccando il governatore «sull’uso improprio degli uffici della Regione» per quanto riguarda il famoso comunicato stampa che dava una versione diversa dei fatti e lo faceva malgrado De Luca - come poi si è chiarito con la sua richiesta di essere ascoltato - sapesse che le dimissioni del suo capo staff erano legate ad una vicenda giudiziaria che lo vedeva coinvolto. Ma che la mozione del centrodestra mancasse di quell’appeal deciso ad affondare il colpo lo si è capito definitivamente quando, al momento del voto, la confusione generata dai grillini e la scarsa capacità del presidente del consiglio, Rosa D’Amelio di gestire situazioni di tensione - l’ultima volta si è fatta ricoverare in ospedale - ha lasciato facile manovra a qualche consigliere di centrodestra di sfilarsi. Alla votazione, così, paradossalmente mancava proprio il voto del centrodestra, che poi ha recuperato in corner. «Quello che è accaduto oggi (ieri per chi legge, ndr) in aula, in occasione del voto sulla mozione di sfiducia al presidente De Luca, è gravissimo - scrivono in una nota i consiglieri di Fi - nei fatti, la presidente del Consiglio regionale, Rosa D’Amelio, ha interrotto anzitempo le operazioni di voto e pertanto non ci ha consentito di esprimerlo. Il risultato lo conferma ampiamente. I consiglieri regionali di Forza Italia presenti in aula (sei su sette, ndr) sono chiaramente favorevoli alla mozione. È evidente che l’esito di questa votazione è assolutamente falsato». Sempre nel centrodestra anche la posizione di Alberico Gambino (Fdi) è sembrata claudicante, attaccando sì De Luca sull’azione politica ma ricordandogli anche del mercato ortofrutticolo di Pagani, in particolare del consiglio d’amministrazione sul quale, dicono le male lingue, «Gambino si attende una mano dal governatore».

La Ciarambino, lancia in resta, dichiara che i grillini voteranno la sfiducia di Forza Italia ma non si sottrae a criticare i consiglieri dell’opposizione «che finora non hanno mosso un dito. La mozione è ipocrita e annacquata, perché sceglie di non affrontare il tema giudiziario» e giù una sequela di critiche sugli impresentabili del centrodestra. Critiche che la Ciarambino non risparmia nemmeno a De Luca elencandogli tutti i guai giudiziari. «Dio c’è» replicherà poi De Luca facendo riferimento ai fatti di Quarto che hanno mutato il dna del Movimento che all’improvviso si è scoperto partito uguale a tutti i partiti: «Dio c’è - ha detto De Luca - e volando da Quarto a Marano a Ischia è andata male. Il dibattito di oggi è occasione per avviare una discussione sulla doppia morale del M5s, soprattutto di due dei suoi esponenti di rilievo, di cui uno è vice presidente della Camera, che hanno taciuto. Due membri di un famoso direttorio». A prendere le distanze dalla mozione, tra gli altri, nel centrosinistra, sono stati la Ricchiuti (Udc) che ha parlato di una sfiducia che strumentalizza «una vicenda che lo stesso presidente De Luca ha subito affrontato e con la massima durezza, mettendo alla porta uno dei suoi collaboratori»; e Tommaso Amabile (Pd) che rispedisce al mittente le accuse di una poco chiara comunicazione dei fatti. Alla ripresa nel pomeriggio, quando all’ordine del giorno si doveva discutere e votare la “questione di fiducia” e dunque il cambio dello statuto; il consiglio regionale fa solo in tempo a dedicare l’aula consiliare del Consiglio regionale al giornalista Giancarlo Siani poi viene meno il numero legale e la seduta è rinviata a lunedì.

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