Sesso con la moglie dell’imputato

Roccapiemonte: rinvio a giudizio per Donato Ceglie, pm dell’inchiesta Chernobyl

ROCCAPIEMONTE. Donato Ceglie, magistrato alla Procura generale di Napoli, è stato rinviato a giudizio con le accuse di concussione per costrizione, violenza sessuale e calunnia. A deciderlo è stato il giudice per le indagini preliminari di Roma, Maria Agrimi. Secondo l’accusa, Ceglie quando era pm a Santa Maria Capua Vetere avrebbe costretto la moglie di un imprenditore di Roccapiemonte, che era il principale imputato dell’inchiesta “Chernobyl” di cui il magistrato era titolare, a rapporti sessuali, «prospettando una serie di benefici riguardanti il fallimento dell’azienda del marito».

La donna fu denunciata da Ceglie per calunnia e diffamazione in seguito ad alcuni sms ed e-mail da lei inviati al pm in cui faceva riferimento alla loro relazione. «Il rinvio a giudizio sgombra il campo dalle accuse di stalking che erano state rivolte alla signora. Abbiamo scelto di non replicare confidando nell’operato della magistratura. E questa decisione rappresenta una prima importante tappa di questa vicenda giudiziaria. Siamo convinti che dal dibattimento emergeranno la verità e la fondatezza della ricostruzione dei fatti fornita dalla mia assistita», dice l’avvocato della donna, Giulia De Lerma.

Secondo l’accusa, Ceglie, 56 anni, il pubblico ministero simbolo della lotta all’ecomafia del Casertano, avrebbe «preteso e ottenuto» dalla moglie dell’imprenditore «rapporti frettolosi e nascosti, consumati a volte nel suo ufficio della procura di Santa Maria Capua Vetere, a volte nelle stanze della procura generale a Napoli». Gli abusi, infatti, iniziati a Santa Maria Capua Vetere, sarebbero proseguiti anche dopo che Donato Ceglie, era il 2011, venne trasferito alla procura generale di Napoli.

Il prologo della vicenda risale però al 2007. In quel periodo il pm napoletano seguiva personalmente l’inchiesta “Chernobyl” e scoprì tonnellate di rifiuti interrati tra Napoli, Caserta e Vallo della Lucania, sequestrando l’impianto di compostaggio dove venivano smaltiti illegalmente quelli di quattro depuratori, gestito dalla società di Roccapiemonte di cui il marito della donna era amministratore. Ceglie lo spedisce agli arresti domiciliari.

Seguono un paio di anni di indagini, altri sequestri, il fallimento della ditta nel 2009. Poi, sempre secondo la procura romana, cominciano i «rapporti sentimentali e sessuali» tra Ceglie e la donna. Dopo tre anni, però, qualcosa si rompe e il magistrato in seguito a fax e mail che denunciano la tresca, denuncia la donna, sostenendo sì di averla incontrata, ma solo e «sempre per motivi istituzionali».(re. pro.)

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