Servizi informatici, lite tra Comune e Cst

Saranno i giudici a fare chiarezza su un contenzioso da mezzo milione. Coinvolti 42 enti locali, Salerno è capofila

Capita che anche un servizio come l’informatizzazione di un Ente arrivi davanti alla magistratura. E’ accaduto al Comune di Salerno che ha presentato ricorso al Consiglio di Stato nei confronti della “Cst-Sistemi Sud”, società in house a partecipazione interamente pubblica che racchiude 42 Comuni, dopo che quest’ultima è andata davanti al Tar contro il provvedimento di revoca dei lavori che l’Amministrazione gli aveva affidato. Ma andiamo con ordine. Tutto comincia nel 2008 quando la Regione inserisce nelle opere finanziabili con fondi europei tre progetti del Comune. Per la precisione si trattava di “Infrastruttura immateriale di governance per la maggiore accessibilità e fruibilità dei servizi online per i cittadini ed enti istituzionali”; “Infrastruttura immateriale di governance per la semplificazione ed accelerazione dei procedimenti amministrativi rivolti alle attività produttive”; “Infrastruttura immateriale di governance per l’istituzione dello sportello energia quale ampliamento dei servizi online a cittadini ed imprese”. Il 26 giugno 2009 il Comune affidò la realizzazione dei progetti alla Cst-Sistemi Sud. A questi aggiunse anche un quarto: “Riuso Simel codice identificativo 463”. Nel 2013 il Comune, a seguito dell’arrivo di una parte dei finanziamenti dalla Regione, emanò una serie di determine dirigenziali con le quali liquidava alla Cst, a fronte delle prestazioni rese, una somma totale pari a 543mila 726 euro. Ma da questo momento in poi cominciano ad emergere, a detta dell’Amministrazione, i primi problemi, tutti elencati nella determina 3380 dello scorso 29 settembre con la quale si è provveduto a revocare l’incarico. Sembra, infatti, che il Cst non provvide (e non lo ha ancora fatto), «al regolare pagamento delle prestazioni già affidate nonostante siano state rese disponibili le risorse previste quale anticipo finalizzato all’avvio delle attività». Il 16 settembre del 2014, dopo una lunga serie di email considerate dal Comune “pretestuose”, il Cst informava il direttore dei Servizi Informativi Raffaele Ciaraldi della possibilità di interrompere il servizio «senza meglio specificare termini, circostanze, nonché gli effettivi e/o eventuali enti coinvolti». A seguito di queste “lamentele” ritenute “infondate, strumentali e fonte di procurato allarme”, lo stesso Ciaraldi presentò denuncia- querela alla Procura di Salerno. E si arriva quindi alla revoca dell’incarico in quanto sarebbero state evidenti “gravi irregolarità nella gestione” che se “perpetrate” avrebbero portato «alla mancata realizzazione in via definitiva dei progetti programmati». Quindi il Comune ha voluto «preservarsi dai consequenziali danni erariali, causati dalla mala gestio» e, in contemporanea, ha anche chiesto la restituzione delle somme non ancora utilizzate. Contro questa decisione la Cst ha presentato ricorso al Tar. Ad adiuvandum si è costituito anche il Comune di Capaccio, secondo il quale la revoca avrebbe leso i suoi interessi. L’udienza si è tenuta a dicembre dell’anno scorso e nell’occasione veniva adottata ordinanza cautelare, cosiddetta “di riesame” nella quale si riteneva “non manifestamente infondato” il ricorso e si disponeva che l’Amministrazione si rideterminasse «sulle questioni tecniche sottese agli atti con un diverso funzionario». Cosa che il Comune ha fatto nominando, con apposita delibera di Giunta dello scorso 6 febbraio, il dirigente Loris Scognamiglio. Proprio pochi giorni prima del termine ultimo per impugnare la decisione al Consiglio di Stato a cui adesso spetterà il difficile compito di dire l’ultima parola.

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