Sequestro a Iannello da un milione e mezzo 

Bloccati depositi bancari, polizze e immobili al giudice di pace scafatese in servizio a Torre Annunziata accusato di corruzione

Un provvedimento di sequestro su oltre un milione e mezzo di euro per beni patrimoniali ingiustificati, è stato disposto dalla procura della Repubblica di Nocera Inferiore a carico del giudice di pace Antonio Iannello, toga scafatese in servizio al Tribunale di Torre Annunziata, arrestato lo scorso settembre perché coinvolto in un giro di mazzette e abusi con accuse di corruzione e corruzione in atti giudiziari. Il pubblico ministero Annachiara Fasano, titolare dell’inchiesta, ha disposto il blocco delle somme chesono state rinvenute su conti personali del giudice, per evidente sproporzione economico/patrimoniale, con «ingentissime disponibilità finanziarie» depositate in un istituto bancario di Scafati.
Dalle ricostruzioni della Guardia di Finanza di Torre Annunziata sono emersi acquisti di veicoli e immobili intestati alla figlia del giudice, con operazioni anomale e depositi intestati a familiari, numerosi versamenti bancari in denaro contante nel periodo tra il 2015 e il 2018, bonifici dalle causali più svariate, con il coinvolgimento delle coindagate collaboratrici di studio, Carmela Coppola e Rosaria Giorgio accusate di favoreggiamento reale e personale. Da verifiche e riscontri, gli investigatori hanno individuato acquisti sproporzionati, «con la formazione di un patrimonio accumulato illecitamente attraverso provvidenze economiche di origine indebita». In particolare il provvedimento riguarda circa un milione di euro su conto bancario, un deposito titoli per 110mila euro, una polizza vita dal controvalore di 233mila euro, un’altra polizza per 19mila euro, un conto deposito al risparmio, altri tre crediti e una Jeep Renegade acquistata il 24 novembre 2016, un appartamento e un conto intestati alla figlia e un conto intestato alla moglie.
Lo stesso giudice Iannello manifestava continuamente preoccupazioni nelle conversazioni telefoniche con il luogotenente dei carabinieri Gennaro Amarante, anch’egli indagato, riguardo la possibilità di subire accertamenti bancari. «Vanno a vedere sopra i conti bancari? E se non riesco a giustificarli, questi soldi?», chiede il giudice al militare. Che risponde: «La macchina l’hai pagata in contanti?», «... con un finanziamento a nome di mia moglie».
Alle entrate cospicue, con poche spese, si aggiunge poi una importante compravendita immobiliare a Scafati, datata marzo 2018: secondo gli investigatori, tale investimento rappresentava un tentativo di sfuggire alle ricostruzioni dei flussi di denaro, un escamotage per consolidare il denaro in un bene immobile cercando di evitare possibili aggressioni patrimoniali.
Anche i social, definite “fonti di informazioni aperte”, offrono ricostruzioni del tenore di vita di Iannello e della sua famiglia, con viaggi e spostamenti dai costi importanti. Le fonti individuate per l’accrescimento e la sproporzione del patrimonio del giudice, rispetto al suo lavoro e al suo reddito, «sono illecite», per la procura, «o ne costituiscono il reimpiego, alla luce del fatto che le condotte dell’indagato sono dotate di allarmante sistematicità, e da un collaudato piano che ha coinvolto varie figure professionali ruotanti attorno alla gestione dell’ufficio del giudice di pace di Torre Annunziata».
Iannello era stato tratto in arresto lo scorso 27 settembre, insieme ad altri 22 soggetti, con l’accusa di corruzione in atti giudiziari. Il blitz era inserito in un più ampio contesto d’indagine sviluppato dalla Guardia di Finanza di Torre Annunziata, prima, poi di Roma, e ora di Nocera Inferiore, dove il voluminoso fascicolo investigativo è seguito dal pm Fasano. Il sequestro ultimo, in particolare, scatta per il pericolo di reiterazione e inquinamento del quadro investigativo attraverso sospette movimentazioni bancarie successive all’ordinanza cautelare dello scorso autunno.
Alfonso T. Guerritore
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