Sentenze pilotate, tutti zitti davanti al gip 

Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere anche i giudici onorari scafatesi Iannello e Ranieri e l’avvocato Cuomo

Hanno deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere i diciotto arrestati nell’ambito dell’inchiesta aperta dalla Procura di Roma in merito alle presunte “sentenze pilotate” emesse dall’ufficio del Giudice di pace di Torre Annunziata. Anche i giudici onorari scafatesi Antonio Iannello e Raffaele Ranieri, insieme all’avvocato residente a Pagani, Eduardo Cuomo, hanno fatto scena multa davanti al Gip durante gli interrogatori di garanzia svolti nel carcere di Poggioreale a Napoli. Una scelta ben precisa, dettata dai legali dei tre professionisti, in attesa di poter studiare meglio la documentazione e strutturare una strategia difensiva più complessa.
Nello stesso tempo, per gli avvocati residenti nel Salernitano e in carcere sono state presentate anche le relative istanze al Riesame di Napoli per ottenere una misura cautelare meno afflittiva. L’obiettivo, dunque, è poter rileggere il fascicolo dell’inchiesta capitolina e focalizzare la propria attenzione sull’utilizzo di video e intercettazioni su cui si fonda, in buona parte, l’impianto accusatorio della magistratura contro i 28 indagati. Una rilettura degli atti in punta di diritto per comprendere se l’azione degli inquirenti sia stata tutta legittima o abbia dato dato vita a un presunto vizio di forma.
Tutti i coinvolti rispondono, a vario titolo, di corruzione in atti giudiziari, truffa aggravata e falso. L’inchiesta ha portato a galla comportamenti poco chiari all’interno degli uffici del Giudice di pace di Torre Annunziata, focalizzandosi su come giudici onorari e avvocati fossero molto spesso d’accordo. La documentazione più ampia è uscita dallo studio scafatese dell’avvocato Antonio Iannello, in via Monte Grappa, fino a giovedì Giudice di pace nella città torrese. Le telecamere poste dai finanzieri oplontino proprio nel suo “quartier generale” hanno catturato il momento in cui il professionista si vede sventolare sotto al naso una mazzetta. Lo scafatese cinquantacinquenne poteva contare su una fitta rete di collaboratori, avvocati, medici e consulenti del lavoro, ma anche su alcuni rappresentanti delle forze dell’ordine che lo mettevano al corrente sulle indagini aperte sulla sua attività professionale. Tra questi c’era anche il carabiniere Gennaro Amarante, scafatese d’adozione e in servizio alla sezione di polizia giudiziaria del Tribunale di Salerno, che spiega a Iannello come comportarsi dopo aver ricevuto la notizia dell’avvio di un procedimento penale a suo carico. “Tu fai sparire roba scomoda”, ha spiegato all’avvocato il 16 febbraio scorso, mettendolo in guardia anche su possibili intercettazioni telefoniche: “Parla di p... per telefono, di macchine. Ora ti devi stare attento. Lascia perdere tutto perché ce l’hai addosso”.
Una figura ben delineata dagli inquirenti quella di Amarante, che però tranquillizza anche l’avvocato cinquantacinquenne di Scafati sul lavoro dei suoi colleghi: «Brancolano nel buio. Hanno una notizia, ma non hanno conferma e non sanno dove andare». Parole che Iannello prende alla lettera, soprattutto quando c’è da bonificare lo studio di via Monte Grappa da alcune cimici. Dopo averle individuate in un divano, infatti, lo fa portare via. E al collega Formicola spiega in codice: «La pratica? L’ho data all’amico. Tutto apposto».
Domenico Gramazio
©RIPRODUZIONE RISERVATA