IL COMMENTO

Sentenza aiuto al suicidio: alcune legittime domande

di DON NICOLA DI BIANCO*

La Corte Costituzionale ha ritenuto non punibile ai sensi dell’art. 580 del codice penale, a determinate condizioni, “chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”. La decisione dei giudici della Suprema Corte sancisce legalmente il passaggio da un’etica medica classica, ippocratica, paternalistica a un’etica medica post-classica, post-ippocratica e antipaternalistica. Il paradigma che la ispira è individualistico, funzionalistico, economicistico e soprattutto eticamente freddo. Tale disposizione favorisce l’autodeterminazione del malato, limitando la sovranità del medico rispetto alle cure da praticare.

È lecito chiedersi: Il medico ha sempre l’obbligo di rispettare l’autonomia morale e le scelte del paziente? L’obbligo di rispettare le scelte del paziente non espone il medico alla possibilità di far passare il concetto di eutanasia passiva concordata con il paziente? Qual è la soglia di disabilità legittimante l’intervento sospensivo delle terapie? Concorrere a dare la morte con una sedazione palliativa, profonda e continua non nasconde l’intenzione di praticare un’eutanasia attiva? Non andrebbe distinta la differenza tra sedazione fino alla morte e nell’imminenza della morte? C’è un confine tra analgesia invasiva e eutanasia? Si sa che la legge 219/2017 “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” non contempla esplicitamente, com’è accaduto nel 1978 per la legge n. 194 sull’aborto, la possibilità per il personale medico di opporre l’obiezione di coscienza alle volontà eutanasiche del malato. Tra i diritti della persona c’è anche quello di morire con dignità umanizzando la malattia e alleviando le sofferenze con cure proporzionate e una giusta terapia antidolorifica.

Praticare la sedazione palliativa, profonda e continua non rischia di trasformare il personale medico, l’equipe sanitaria e chi ne agevola l’esecuzione in angeli della morte che riducono i malati a icone pietose di ingloriosi martiri del “diritto alla morte”? Papa Ratzinger affermava: “L’eutanasia è una falsa soluzione al dramma della sofferenza, una soluzione non degna dell’uomo. La vera risposta non può essere, infatti, dare la morte, per quanto “dolce”, ma testimoniare l’amore che aiuta ad affrontare il dolore e l’agonia in modo umano. Siamone certi: nessuna lacrima né di chi soffre né di chi gli sta vicino, va perduta davanti a Dio”.

*Professore di Teologia