Scattano nuovi sigilli per le Fonderie Pisano

Nel registro degli indagati cinque membri della famiglia e due tecnici «Autorizzazioni illegittime e gestione illecita di rifiuti anche pericolosi»

SALERNO. Autorizzazioni illegittime, emissioni nocive con sforamento dei parametri fino a dodici volte i livelli previsti dalla legge e gestione illecita di rifiuti speciali, anche pericolosi: scattano ancora una volta i sigilli per le Fonderie Pisano. Ma questa volta, a disporre il sequestro preventivo d’urgenza dell’intero impianto produttivo di via dei Greci è stata direttamente la Procura (pm Silvio Marco Guarriello, Mariacarmela Polito e Carlo Rinaldi), che ha iscritto nel registro degli indagati sette persone. Si tratta di Mario Pisano, 86 anni, presidente del Cda e co-amministratore; dei consiglieri di amministrazione e co-amministratori Guido Pisano, 85 anni; Renato Pisano, 77 anni; Ugo Pisano, 76 anni e Ciro Pisano, 60 anni, che dell’opificio è anche direttore tecnico.

Sono finiti sotto la lente di ingrandimento per scarico di acque reflue inquinanti, gestione illecita di rifiuti speciali anche pericolosi, emissioni nocive in atmosfera, danneggiamento di beni pubblici (il fiume Irno, posto in zona sottoposta a vincolo di tutela), violazione della normativa antincendio e delle leggi relative alla sicurezza sui luoghi di lavoro. Abuso d’ufficio e falsità materiale e ideologica in atto pubblico, sono invece le ipotesi di reato nei confronti di Luca Fossati, che firmò la relazione allegata all’istanza di rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale (Aia) e Antonio Setaro, 65 anni, dirigente del settore Ecologia e tutela dell’ambiente della Regione Campania.

Secondo la Procura, le Fonderie sono prive di una valida e lecita autorizzazione, strutturalmente non adatte al funzionamento, nonché inidonee a ottenere l’autorizzazione come nuovo impianto. Non solo: le misure adottate dall’azienda durante un’odissea fatta di tre sequestri e di altrettante sanzioni amministrative, sono state bollate – in seguito ai controlli dell’Arpac di Avellino e Caserta e dei carabinieri del Noe diretti dal capitano Ambrosone – «come meri palliativi inefficaci e inefficienti», che hanno pure causato «un pericolo attuale e concreto sia per l’ambiente esterno e la salute della popolazione, sia per gli stessi lavoratori». In soldoni, fumi, polveri e sversamenti hanno puntualmente superato i livelli di guardia previsti dalla legge e inoltre, per anni, l’azienda ha continuato a lavorare in assenza della necessaria autorizzazione integrata ambientale, ritenuta dalla Procura «illegittima, illecita e inefficace».

L’iter dell’autorizzazione. Fossati e Setaro sono indagati perché, in concorso con lo storico fondatore della Fonderie, Luigi Pisano, che è deceduto, avrebbero procurato ai titolari un ingiusto vantaggio patrimoniale legato al rilascio dell’autorizzazione (la numero 149 del 2012). Rilascio fondato su documenti contenenti false attestazioni. L’istanza del 1° agosto del 2011, fu infatti presentata per un impianto esistente: ma il 31 marzo del 2008 era scaduto il termine utile di presentazione. La procedura, inoltre, era stata avviata come se si trattasse di un nuovo impianto, senza incardinare, contestualmente, gli iter per la valutazione di impatto ambientale e la valutazione di incidenza, indispensabili per impianti inquinanti, come nel caso di una fonderia di metalli ferrosi con una capacità di produzione superiore a venti tonnellate al giorno. Fossati, poi, negò l’esistenza di vincoli, sostenendo che nei 500 metri del circondario non vi fossero aree protette o biotipi, mentre il Parco dell’Irno è stato ritenuto di interesse regionale fin dal 2008.

I reati ambientali. Ai Pisano viene contestato lo scarico di acque reflue industriali in un’area protetta, tra l’altro valutata sito di importanza comunitaria, con significativi e ripetuti sforamenti: di rame, idrocarburi totali e metalli pesanti. I Pisano, inoltre, secondo l’accusa, smaltivano illecitamente rifiuti speciali, sia pericolosi che non pericolosi, emettendo in atmosfera anidride solforosa e monossido di carbonio in misura superiore fino a dodici volte rispetto ai limiti di legge. Gli sforamenti hanno riguardato anche le polveri sottili Pm10. Altra nota dolente, quella relativa alla prevenzione incendi: edifici, impianti, strutture e attrezzature non sono risultate protette, rendendo pertanto i luoghi di lavoro non sicuri per gli stessi dipendenti. Problemi, secondo gli inquirenti, non di oggi, ma costanti nel tempo e ai quali non si è mai posto rimedio in maniera efficace: anche gli ultimi accertamenti hanno infatti evidenziato criticità talmente imponenti da spingere la Procura a fare scattare i sigilli. Un sequestro che «doveva essere fatto alla luce del sole – ha raccontato il procuratore Corrado Lembo ai microfoni di Tv Oggi – Le Fonderie non hanno autorizzazioni legittime e non possono continuare a svolgere la propria attività».

Lembo si è detto favorevole alla delocalizzazione: «Se l’impresa vuole continuare a operare deve farlo in condizioni di legge e poi in un luogo che non produca danni ai lavoratori e ai residenti». Quanto al futuro dei dipendenti, Lembo ha chiamato in causa Regione e Comune affinché si studino ipotesi di intervento condivise.

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