Scarcerazioni, sono ore decisive

I giudici del processo Linea d’ombra valutano le richieste avanzate dai legali degli imputati

PAGANI. È attesa in questi giorni la decisione dei giudici riguardo le richieste di revoca dei domiciliari presentate dal collegio difensivo del processo Linea d’ombra. Per gli imputati potrebbero essere gli ultimi giorni da reclusi, con le istanze di revoca o sostituzione delle misure depositate in coda all’udienza di lunedì, tutte argomentate oralmente in aula dai legali.

Il parere del pubblico ministero Vincenzo Montemurro, atteso in queste ore, stavolta potrebbe differenziarsi a seconda delle posizioni. Il sostituto antimafia, subito dopo gli interventi dei difensori ha chiesto la trasmissione delle istanze ai giudici del primo collegio. Per gli avvocati si tratta della seconda richiesta in tema cautelare, con una prima attenuazione dal carcere agli arresti domiciliari arrivata a marzo, in periodo prepasquale, e l’attuale istanza, presentata con motivazioni simili. Ora come allora i difensori giocano sull’assenza di pericolo di reiterazione dei reati, sullo scioglimento del consiglio comunale di Pagani seguito dall’insediamento della commissione, su un anno complessivo di custodia e su un comportamento irreprensibile degli imputati, attesi da un lungo periodo di vacatio prima della ripresa del dibattimento, fissata il 18 settembre prossimo.

Le istanze sono arrivate al termine di una lunga udienza dedicata interamente all’esame dell’imputato Alberico Gambino, durato più di tre ore e diviso tra un’arringa in difesa di se stesso, un discorso accorato e un comizio, con lunghi tempi concessi alle risposte, poche incertezze, alcune contraddizioni e ampie rievocazioni. Gambino ha rivissuto un anno durissimo, evidenziando il lato umano della sua caduta: «Mi aiutano dio, mia moglie e le bambine», ha sussurrato, stringendo un rosario, prima di rimproverarsi il ritorno sulla poltrona di sindaco, il 27 febbraio 2011. «Non lo avessi mai fatto - ha ammesso, ricordando i giorni della doppia carica tra Comune e Regione - perché se non fossi tornato questo processo non esisteva».

In alcuni passaggi Gambino è sembrato all’oscuro del controllo che gestiva, vittima di un potere incompreso. Troppo inconsapevole. «Gabriele Panico mi disse se conoscevo qualcuno per fare il direttore. Giovanni Barone era amico di Panico, ci trovammo a parlare e gli dissi tu conosci Amerigo, vai a vedere. “Però me lo deve dire il sindaco”, dissero i Panico, e io dissi “va bene”. Chiesero il mio consenso perché avevano chiesto prima a me».

La versione di Gambino chiude la prima fase del processo. Amerigo Panico, l’imprenditore che ha dato il via al processo con la sua denuncia, lo accusa di sei episodi di concussione, alcuni in concorso con Massimo Quaratino, Giovanni Pandolfi Elettrico e Giuseppe Santilli, con il ruolo di Michele Petrosino D’Auria a completare il quadro con l’intimidazione camorristica. Più defilate le posizioni di Giovanni Barone, direttore del Pegaso, e Antonio Fisichella, per le accuse pagato senza mai lavorare. Da inquadrare anche il ruolo di Antonio Petrosino D’Auria.

Alfonso T.Guerritore

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