Scarano: «Voglio tornare a dire messa»

Il sacerdote interrogato per tre ore del giudice, ha chiesto la scarcerazione. E l’agente segreto fa dichiarazioni spontanee

SALERNO. «Volevo soltanto fare un favore ad amici di vecchia data». Si è difeso così, monsignor Nunzio Scarano, dall’accusa di corruzione che da venerdì lo vede in carcere insieme al broker finanziario Giovanni Carenzio di Pompei e all’agente segreto Giovanni Zito. Ha raccontato che i beneficiari del favore – gli armatori salernitani Paolo, Cesare e Maurizio D’Amico – erano stati vittima di una truffa, perché avevano consegnato 40 milioni a un promotore finanziario che doveva investirli ma poi avevano scoperto che quell’operazione non era mai avvenuta. Per questo si sarebbero rivolti a lui, chiedendogli aiuto per recuperare i soldi. I venti milioni che lo scorso luglio dovevano rientrare dalla Svizzera con il volo privato organizzato dallo 007 erano la prima tranche di quel capitale finito oltre frontiera. «Sono stato solo un intermediario, ho fatto un favore alla famiglia D’Amico. Un intervento in assoluta buona fede, in virtù di un antico legame con il capostipite Giuseppe» ha detto ieri il prelato salernitano al gip Barbara Callari che lo ha interrogato per tre ore nel carcere di Regina Coeli. E al giudice, che gli contestava quel riferimento all’incasso dei «due e mezzo» che compaiono nelle intercettazioni come la promessa di un compenso, ha risposto che non erano una contropartita, ma un aiuto che gli imprenditori a loro volta gli avrebbero dato per consentirgli di acquistare un appartamento a Paestum. Anche qui per ragioni di amicizia.

Poi il prelato ha chiesto di lasciare il carcere, andando agli arresti domiciliari in una parrocchia per poter tornare a dire messa. «È quello che più mi manca» ha spiegato ai suoi legali prima di cominciare l’interrogatorio. Gli avvocati – Silverio Sica, Caroleo Grimaldi e Paternostro – hanno dichiarato che «Scarano ha riaffermato con forza la sua moralità, la sua storia e il suo attaccamento ai valori religiosi, facendo notare che ciò che più gli manca è di poter celebrare la messa. Abbiamo chiesto per lui la revoca della misura cautelare o in alternativa i domiciliari in una parrocchia». Questi giorni di carcere avrebbero provato il monsignore: «Sta male, è molto provato e dorme male. È una persona che non si aspettava un esito di questo genere» hanno spiegato i difensori, aggiungendo che la sua ricostruzione dei fatti è stata dettagliata e che «ha dato tutte le spiegazioni possibili, collaborando in termini di estrema lealtà e onestà, riaffermando la sua buona fede e la sua disponibilità ad essere a disposizione dell’autorità giudiziaria italiana in qualsiasi momento». L’interrogatorio ha toccato tutti gli elementi dell’indagine, compresa l’accusa di calunnia per la denuncia di smarrimento di un assegno che aveva invece consegnato a Zito, a titolo di rimborso spese nonostante il rimpatrio di capitali fosse fallito per l’ostruzionismo di Carenzio. «È stata una scelta improvvida, dettata dal timore di ritorsioni» ha detto ai magistrati.

L’ex agente segreto, assistito del difensore Maurizio Mastrogiovanni, si è invece limitato a rendere alcune dichiarazioni spontanee in cui ha chiarito il suo rapporto con i servizi di sicurezza Aisi (di cui non fa più parte) e a respingere l’accusa di corruzione spiegando che quel volo privato in Svizzera, da cui sarebbe dovuto rientrare con i soldi dei D’Amico, lo aveva organizzato da privato cittadino, in un periodo di ferie. Tra oggi e domani il giudice deciderà sulla richiesta di scarcerazione di monsignor Scarano.

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