«Scarano? Un delinquente consumato»

Il Riesame motiva il “no” alla scarcerazione, la difesa chiede i domiciliari per ragioni di salute. I D’Amico ancora dai giudici

«Una personalità particolarmente inquietante, caratterizzata da spiccate attitudini criminali» e che ha agito «da delinquente consumato». È il ritratto che i giudici del Riesame di Roma fanno di monsignor Nunzio Scarano, spiegando perché non è possibile una misura cautelare diversa dal carcere e confermando le valutazioni del giudice delle indagini preliminari sulla condotta spregiudicata del sacerdote salernitano e dei suoi complici: il broker finanziario Giovanni Carenzio e l’ex agente segreto Giovanni Zito. «Sono uniti da comune spregiudicatezza e capaci di gestire uomini, istituzioni e cose asservendoli a finalità illecite e al proprio tornaconto personale» si legge nel provvedimento del collegio presieduto da Filippo Casa. La sospensione di Scarano dal suo incarico all’Apsa (l’Amministrazione dei beni vaticani) non basta ai giudici per far venire meno le esigenze cautelari. Per il Riesame i tre arrestati restano «pericolosi e inaffidabili», perfettamente in grado di reiterare il reato e di inquinare l’ulteriore acquisizione di elementi di prova. «In attesa – si legge nel provvedimento – delle nuove collocazioni da attribuire agli indagati nei rispettivi ambiti lavorativi, non ancora note, non possono drasticamente e automaticamente essere venute meno le dimostrate capacità di influenza e interferenza degli stessi negli ambiti medesimi. Né risulta a questo tribunale che Scarano abbia perso la titolarità e la disponibilità dei conti bancari utilizzati per veicolare le sospette rimesse dei D’Amico e di altre persone». Proprio su questi versamenti periodici (ventimila euro ogni mese come ha dichiarato lo stesso religioso definendoli donazioni a scopi benefici) il Tribunale ritiene necessario un approfondimento che prelude a un nuovo interrogatorio degli armatori salernitani. Nel motivare il rigetto delle istanze di scarcerazione il Riesame parla di «necessità di mettere a fuoco le vere causali delle mensili cospicue rimesse accreditate dagli armatori Paolo e Cesare D’Amico, committenti dell’operazione di rimpatrio dei 20 milioni di euro, su uno dei due conti intestati a Scarano presso lo Ior» e di «esigenza di preservare l’acquisizione di ulteriori necessarie dichiarazioni degli stessi D’Amico (essendo fin troppo reticenti quelle allo stato rese) dalla verosimile influenza che, per i risalenti rapporti di conoscenza e amicizia intessuti con Scarano e per quelli d’affari intrattenuti con Carenzio, subirebbero dagli indagati». Nel tratteggiare la figura di don Nunzio il collegio ricorda inoltre come non si sia fatto scrupoli nel denunciare lo smarrimento dell’assegno consegnato a Zito come “rimborso spese” per il tentato rientro di capitali dalla Svizzera e nel «predisporre una serie di comunicazioni, a futura memoria, finalizzata a legittimare la pretesa restituzione dei 400mila euro» cercando di farli apparire un prestito.

Chiusa la porta del Riesame, ora la libertà del sacerdote torna nelle mani del giudice delle indagini preliminari, a cui gli avvocati Silverio Sica e Francesco Caroleo Grimaldi hanno presentato ieri una richiesta di domiciliari per ragioni di salute. L’istanza è suffragata da una perizia medica in cui si evidenziano le patologie dell’arrestato, che secondo i sanitari sarebbe soggetto, tra l’altro, al rischio di un embolo. La risposta del gip è attesa per la prossima settimana.

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