Scarano in aula, rosario e veleni

Il monsignore accusa Marcianò: «È il responsabile di tutto». Scontro sulla richiesta di libertà

La prima volta in un’aula di Tribunale monsignor Scarano la trascorre seduto sul fondo su una sedia di quelle destinate al pubblico, con accanto per tutta la mattinata don Luigi Noli e sorvegliato a vista dal nipote Davide Nicastro, che tiene lontano i giornalisti e all’uscita quasi aggredisce i fotografi. «Come sto? Insomma...» risponde don Nunzio quando si riesce ad avvicinarlo. Poi il primo pensiero è per Massimiliano Marcianò, l’imprenditore romano che da amico fidato si è trasformato nel suo grande accusatore: «È lui il responsabile di tutto. Il furto nella mia casa è colpa sua, ce n’è la riprova perché alle mie richieste di restituirmi le chiavi non me le ha mai date». Per quel furto la Procura ha invece archiviato la posizione dell’organizzatore di eventi e messo sotto inchiesta altre tre persone: il collega di Marcianò che secondo lui ha rubato le sue chiavi e i due salernitani a cui le avrebbe consegnate per eseguire il colpo.

Un’altra persona con cui è passato dall’amicizia all’astio Scarano l’ha incontrata ieri in Tribunale, nell’aula dove si sta celebrando il processo che vede entrambi (e altre 47 persone tra cui don Noli e Davide Nicastro) imputate per concorso in riciclaggio: è la commercialista Tiziana Cascone, con cui si rimpalla l’organizzazione del presunto riciclaggio e dalle cui dichiarazioni gli inquirenti hanno tratto elementi per aprire sul religioso anche un fascicolo per usura. Con lei un saluti fugace, poi Scarano è tornato a seguire l’udienza in silenzio, sgranando un rosario. «È disorientato – dichiara l’avvocato Silverio Sica – non è certo abituato alle aule dei Tribunali». D’ora in poi ha però deciso di partecipare a tutte le udienze e soprattutto di insistere perché si faccia presto: «Due udienze a settimana, o almeno una» chiede il difensore al Tribunale, tanto più se la richiesta di remissione in libertà presentata ieri dovesse essere respinta. Sulla revoca dei domiciliari il presidente Ubaldo Perrotta depositerà la decisione entro cinque giorni, ma agli atti ha già acquisito ieri il parere negativo del pubblico ministero Elena Guarino. Per la prima volta, dall’inizio dell’inchiesta, tra accusa e difesa sale la tensione. Il legale incalza: «Dopo 11 mesi di detenzione domiciliare durissima, chiediamo di dirci in cosa può consistere la possibilità concreta di reiterazione del reato da parte di un uomo isolato da ogni rapporto, che da oltre un anno è stato licenziato dal suo ufficio e non ha più alcun incarico sacerdotale né alcun bene nella sua disponibilità». Per Sica c’è stata in questi mesi una sorta di accanimento: «Controlli quotidiani e notturni, anche quattro, sei volte al giorno, che abbiamo annotato, affinché resti testimonianza di quanto operato nei confronti di Scarano». La replica del pm è immediata: «Nessun accanimento, sono i controlli ordinari». E sulle esigenze cautelari è inflessibile: «Scarano ha dimostrato un pericolosissimo collegamento con i coimputati, una particolare capacità di condizionamento e legami molto forti col territorio. Inoltre, al di là delle cautele disposte dal Vaticano, non è ancora stato possibile eseguire il sequestro dei suoi conti Ior ».

©RIPRODUZIONE RISERVATA