l’inchiesta sulle sim

Scandalo al Tar, dissequestrati tutti i beni

Tornano tutti agli indagati i beni sequestrati dalla Guardia di Finanza per l’inchiesta sulle schede telefoniche al Tar. Il Tribunale del Riesame ha accolto ieri le ultime richieste di dissequestro...

Tornano tutti agli indagati i beni sequestrati dalla Guardia di Finanza per l’inchiesta sulle schede telefoniche al Tar. Il Tribunale del Riesame ha accolto ieri le ultime richieste di dissequestro di immobili e conti correnti presentate dall’ex segretario generale del Tar, Felice Della Monica, e dalla dipendente Teresa Bonasi, che secondo l’accusa collaborava con lui nella gestione delle convenzioni con le compagnie telefoniche; contratti che avevano portato a consegnare, per i trenta dipendenti del Tribunale amministrativo, un totale di 889 cellulari e oltre 1.200 sim. I giudici (presidente Sgroia, a latere Pisapia e Zarone) hanno ritenuto che il sequestro non fosse più motivato dopo che lo stesso Riesame, in una precedente udienza, aveva giudicato insussistente il reato di truffa aggravata ai danni dello Stato, su cui si poggiava la misura cautelare reale. Per i giudici se truffa c’è stata, ne sono state vittima solo le società telefoniche, che hanno pagato ai promotori indagati provvigioni per contratti su cui le sim non sono state quasi mai attivate, impedendo i previsti guadagni sul traffico telefonico. Il debito di quasi 500mila euro di cui le compagnie hanno chiesto il saldo al Tar è stato ritenuto insufficiente a concretizzare il danno alle casse pubbliche, innanzitutto perché quei soldi non sono stati versati e poi perché gli stessi indagati hanno fatto il possibile (anche pagando di tasca propria le prime fatture) per evitare che la registrazione nella contabilità facesse scoprire l’illecito. Mancherebbe, quindi, la volontà di truffare la pubblica amministrazione. Così hanno argomentato, per i due funzionari, i difensori Agostino Allegro, Felice Lentini e Francesco Rizzo; e su questa base sono state accolte anche le richieste di revoca delle misure cautelari per i promoter Carlo Avallone e Vincenzo Adinolfi (difesi dagli avvocati Michele Tedesco e Maria Grazia Cafisi) e quelle degli altri agenti commerciali per i quali era stato disposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziari. La Procura, però, non si arrende: ha chiesto alla Cassazione che i principali indagati tornino agli arresti domiciliari e per il 6 ottobre è fissata l’udienza a Roma. (c.d.m.)

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