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Scafati, «Marijuana di ottima qualità»: così Starita conquistò il clan

I D’Alessandro volevano allargare i loro affari anche in altre aree 

 

SCAFATI - Risponde di associazione a delinquere per un acquisto di una partita di marijuana “bagnata” lo scafatese Vincenzo Starita , in contatto con il gruppo riferito al clan D’Alessandro di Castellammare di Stabia, con cessioni di campioni di droga, «avvalendosi della forza intimidatrice derivante dall’appartenenza al sodalizio criminoso per agevolare l’associazione camorristica dei D’Alessandro, attiva a Castellammare di Stabia e Scafati».

Sul territorio stabiese, in particolare, c’era un’egemonia in grado di rivolgere a tutte le piazze di spaccio del circondario in grado di imporre a tutti l’acquisto di “erba” soltanto dal clan, a dimostrazione della pervasiva, capillare, tentacolare ed endemica presenza della cosca. Starita viene indicato dalle indagini «a capo di un sodalizio criminoso operativo tra Scafati e Boscoreale dedito allo smercio all’ingrosso di marijuana, che annovera tra i suoi sodali Giovanni Tufano , alias “Cippone”, con la mediazione di Alfonso Perrillo e del figlio Raffaele», con il più grande dei Perrillo gravato da precedenti per traffico internazionale di stupefacenti con soggetti di Scafati e Pompei.

Durante i diversi momenti di cessione dello stupefacente, documentati a partire dal novembre 2017, arrivava l’arresto in flagranza di Giuseppe Vuolo e della compagna Anna Gargiulo , momento decisivo per l’inchiesta, con il supporto a ricostruzione delle attività di intercettazione ambientale e telefoniche. Il trafficante scafatese al quale si riferivano Nino Spagnuolo e Alfonso Perillo era in via Raffaele Avigliano, a Scafati, in una sala slot. In merito, c’era il desiderio di chiudere i rapporti col gruppo di Starita, «dopo il diniego ricevuto e la necessità di rifornirsi in tempi brevi di sostanza stupefacente contrattata ad un prezzo ritenuto molto vantaggioso ».

Il ruolo di Starita, alias “a’ strega”, era riconosciuto dagli stabiesi per la capacità di piazzare e gestire la droga: «Lo vedo un ragazzo serio», diceva Francesco Delle Donne , «sta più avanti di tutti», con il canale scafatese da lui coordinato. Gli stabiesi, stando alle ricostruzioni degli investigatori, volevano attivare e consolidare il riferimento sulla piazza di Scafati e per farlo volevano affidarsi a Starita, in grado, secondo loro, di foraggiare e approvvigionare il gruppo. In questo filone rientra il controllo del 28 dicembre 2017, con un incontro tra il gruppo stabiese e Starita presso la sua abitazione, allo scopo di trattare e concordare una fornitura di marijuana. Il commento, dopo l’acquisto, sottolineava la qualità della merce presa: «Vi erano tutte cime e in pratica nessun seme. Sembra il “paesano”».

I discorsi intercettati tra gli stabiesi, in particolare Francesco Delle Donne e Nino Spagnuolo, riferivano di calcoli sulle ripartizioni, sulle quantità da acquistare e sulle suddivisioni, sui prezzi da praticare e sulla gestione dei rapporti sul territorio, con la necessità di consolidare il canale scafatese rappresentato da Starita. Il suo status emerge con il riconoscimento dei “vicini” delle altre città, con i suoi passati rapporti con esponenti di spicco della criminalità organizzata scafatese, con i primi coinvolgimenti in operazioni antidroga risalenti ormai al decennio scorso, quando era presente sulla piazza di spaccio cittadina come pusher. Le ultime indagini, invece, hanno fatto emergere la sua “specializzazione” del mercato della marijuana, venduta a buon prezzo e di sicura qualità. Il prosieguo dell’inchiesta, culminata nelle misure cautelari scattate contro il gruppo legato al clan D’Alessandro mira a consolidare gli elementi a carico dei soggetti coinvolti, comprensivi dell’asse evidente instaurato tra elementi di altre città, tra affari di spaccio, contatti, ruoli apicali e carisma riconosciuto, nell’ambito di un settore, quello dello smercio di sostanze stupefacenti, a mostrare il suo livello di mercato e la sua resa per le cosche criminali. L’associazione principale di spaccio, in particolare, si muoveva nel vesuviano come una vera e propria holding.

(atg)