IL FATTO

Scafati, famiglie affamate dal “virus” povertà

Boom di pacchi alimentari nell’era Covid, don De Riggi: «Per ogni turno consegniamo 70 scatole in più rispetto al passato»

SCAFATI - Boom di richieste del pacco alimentare a Scafati. A renderlo noto, con un velo di dispiacere, è don Giovanni De Riggi , il parroco della chiesa di Santa Maria delle Vergini, patrona del comune dell’Agro. «È forte la richiesta del pacco alimentare. Ci sono famiglie, ci sono single ed anziani soli, che ne hanno sempre più bisogno. La causa è la crisi economica dilagante, acuita dalle restrizioni connesse alla diffusione del Covid. Le persone hanno perso il lavoro. Chi era occupato in maniera irregolare è fermo da mesi. Prima dell’epidemia, i richiedenti cambiavano di settimana in settimana, soprattutto perché molti intraprendevano lavori occasionali e per un po’ di tempo erano autonomi », spiega il parroco. Ora manca pure la boccata d’ossigeno del lavoro saltuario: cresce il bisogno.

Oltre ai soliti utenti, quali i cittadini extracomunitari che abitano nel centro storico, senzatetto e persone sole, ci sono intere famiglie che non riescono a vivere con i soli sussidi del Governo. «Sicuramente il reddito di cittadinanza, anche per lo scorso anno, è stato un supporto valido, ma non posso dire la medesima cosa per la cassa integrazione guadagni o i sussidi da disoccupazione. Se un’intera famiglia ha anche affitto e bollette da pagare, non riuscirà a sfamarsi», sottolinea tristemente il preposto. «In genere facciamo un carico al mese presso il Banco Alimentare delle Opere di Carità di Caserta e tutto ciò che prendiamo viene predisposto nei pacchi. La consegna avviene ogni 15 giorni. La media dei pacchi ora è di 230 per ogni turno di rilascio. In media, 70 in più rispetto allo scorso anno». Le richieste dei pacchi del Banco sono sempre in crescita in prossimità delle festività di Natale, ma a quanto pare l’estensione degli utenti ha caratterizzato anche i mesi precedenti. Segno dell’indigenza legata all’epidemia.

«Spesso, quando in parrocchia riusciamo a raccogliere offerte consistenti, acquistiamo beni di prima necessità diversi da quelli predisposti dal Banco Alimentare. Li doniamo a chi ne ha bisogno. Spesso mi ritrovo in prima persona a pagare le utenze di famiglie in difficoltà. Sono individui discreti che apparentemente non sono povere e faticano a mostrare il loro disagio», ha spiegato il sacerdote, «In passato ho aiutato anche a sostenere i costi degli affitti ad alcune persone che frequentano la parrocchia assiduamente. Per i pagamenti, operativamente, mi faccio aiutare dal sacrestano », sottolinea don Giovanni. La parrocchia è in attività anche per la mensa della Caritas. «Dopo il primo lockdown , che ci ha fermati completamente, dal 15 giugno siamo ripartiti più forti. Anche in questo frangente ci siamo resi conto di quanto bisogno ci fosse. I richiedenti sono aumentati ma abbiamo dovuto predisporre delle regole di accoglienza diverse per evitare gli assembramenti », soggiunge il parroco.

La sala Caritas, infatti, può accogliere solo 30 persone, a cui vanno aggiunti i volontari che distribuiscono ai tavoli, che puliscono e le donne che sono impegnate nella cucina per la preparazione dei pasti. «Abbiamo introdotto delle regole ferree per continuare a garantire il servizio. Non possono sedersi più di due persone in ogni tavolo, è obbligatorio lavare ed igienizzare le mani dopo l’ingresso, la mascherina va tenuta sempre e tolta solo nel momento della consumazione del pasto», spiega il priore. I volontari che supportano Don Giovanni hanno predisposto più turni di ingresso per la somministrazione dei pasti. «Molte famiglie vengono solo a ritirare il pasto e lo consumano a casa. Hanno vergogna di esporsi. Si tratta della povertà nascosta che si sta diffondendo. Cerchiamo quotidianamente di combatterla con aiuti e supporti economici che non si vedono. per restituire la quotidianità a chi soffre in silenzio».

Ilaria Cotarella