IL FATTO

Scafati, demolizioni nel Pip: c’è lo stop alle ruspe. La spuntano i privati

Abbattimenti nell’area di via Sant’Antonio Abate: no del Tar Ordinanza comunale annullata. L’Ente non si era costituito

SCAFATI - No alla demolizione di manufatti, ricadenti nell’area Pip di Scafati e di proprietà società “Fratelli Longobardi”. La decisione arriva dal Tar di Salerno, contro Regione, Provincia di Salerno e l’autorità di Bacino Distrettuale dell'Appennino Meridionale. Non si è costituito, invece, il Comune. La Regione, invece, ha demandato la pratica ai tecnici del Genio civile. In discussione c’era l’ordine di demolizione all’interno dell’area Pip di via Sant'Antonio Abate, adottato con una delibera del Comune di Scafati nel 2020. La società aveva chiesto l’annullamento dell’ordinanza, con un ricorso che lamentava «violazione di legge, eccesso di potere e incompetenza», sostenendo che il provvedimento impugnato non fosse stato predisposto per assolvere specifiche necessità produttive e insediative di operatori economici, ma solo a seguito e in vista «di una richiesta di finanziamento regionale per opere di viabilità, riferite ad un Pip scaduto».

Infine, il ricorso si basava su decadenza del vincolo necessario per l’esproprio, legato al progetto esecutivo delle opere di urbanizzazione. Caduto il vincolo, l’area di interesse era diventata zona bianca e il Pip, di conseguenza, era evidentemente in contrasto con il Piano regolatore generale, «adottato ed approvato senza che l’amministrazione comunale avesse accertato il fabbisogno delle aree necessarie all’insediamento delle attività produttive, sulla base del riscontro delle condizioni economico-sociali e produttive del territorio comunale e tenuto conto delle realtà produttive esistenti». Sulla questione, si sottolinea nel ricorso, pende tuttora dinanzi al Tar di Salerno un’istanza di retrocessione totale e tale esproprio nel nuovo Pip non è previsto. Per i privati dunque «vi sono grossolane e vistose discrasie progettuali, riscontrabili nelle diverse tavole di cui consta il Piano approvato, che danno immediata contezza di incertezza assoluta sia nella configurazione della viabilità sia nella perimetrazione degli stessi lotti, senza alcun chiarimento in ordine a quale sarà il criterio legale per l’assegnazione dei lotti».

Il Tar ha riconosciuto la fondatezza del ricorso, puntando in particolare sulla zona bianca, l’area del territorio comunale in cui non vige alcuna previsione dello strumento urbanistico locale. Per il Tar, infatti, è avvenuta una decadenza del Piano, senza reiterazione, senza ripristino della precedente destinazione, ma solo come “zona bianca”. Da qui, l’annullamento degli atti di demolizione al centro del ricorso.

La questione è destinata, però, a tenere banco anche politicamente: «La mancata costituzione del Comune è inconcepibile - ha detto Giuseppe Sarconio, consigliere comunale grillino - . Nelle settimane scorse un altro errore era costato quasi due milioni di euro alle casse comunali. Più di qualcosa non va anche perché su certe sentenze sono sempre precisi puntuali responsabili ed impeccabili nel fare ricorso e salvaguardare l'ente, come giusto che sia, in altre sembrano particolarmente distratti. L'amministrazione comunale del sindaco Cristoforo Salvati deve chiarire perché si costituisce in alcuni giudizi ed in altri no, tutto ciò resta un mistero da chiarire. Corrano subito ai ripari e facciano ricorso immediatamente. Il Pip è una risorsa, la città non può rischiare di non attuarlo».

Alfonso T. Guerritore