Sarastra, l’Antimafia cala l’asso Chirico 

L’ex assessore e fedelissimo di Aliberti inserito fra i testimoni dell’accusa al processo sul presunto voto di scambio

La Procura Antimafia di Salerno prova a calare l’asso nel processo “Sarastra”. Nella lista dei testi, infatti, i pm titolari dell’inchiesta hanno inserito anche Diego Chirico, ex assessore a Scafati nell’ultima giunta di Pasquale Aliberti e da sempre suo fedelissimo. Il suo interrogatorio, reso a ottobre, è ritenuto dagli inquirenti quello più significativo per spiegare come agiva il presunto sistema su cui la Dda ha fondato la propria attività investigativa. Dichiarazioni che, come emerso nell’operazione “Satyricon”, preoccupano non poco anche Nello Aliberti, il fratello dell’ex sindaco.
Una decisione che ha sorpreso tutti, poiché Chirico dopo l’interrogatorio ha deciso di rimanere al fianco della famiglia Aliberti, confermando la fedeltà nata per amore della politica. Tanti gli argomenti trattati dall’avvocato scafatese, tra cui la figura di Ciro Petrucci, che sarebbe stato piena espressione di Aliberti e della sua maggioranza. L’ex assessore, dunque, avrebbe ribaltato completamente la tesi che, in questi anni, gli avvocati di Aliberti hanno portato avanti. Nessuna ingerenza esterna, in particolare dello zio di Chirico, l’imprenditore Nello Longobardi, ma una scelta presa in totale autonomia da Aliberti e dalla sua coalizione. Petrucci, ex vicepresidente dell’Acse e indagato nell’operazione “Sarastra”, avrebbe saputo della nomina tramite Luigi Ridosso, l’esponente di spicco dell’omonimo clan che è riuscito così anche ad anticipare la comunicazione ufficiale del Comune di Scafati. Aliberti pertanto, secondo il racconto di Chirico al magistrato, avrebbe deciso in prima persona di puntare su Petrucci per evitare così l’entrata nell’orbita della maggioranza dell’avvocato Francesco Berritto.
In questo modo Chirico è diventato il principale teste d’accusa della Procura Antimafia che dal 2015 indaga sul presunto patto tra politica e camorra a Scafati. L’uomo all’interno della Giunta, a conoscenza di tutte le mosse dell’ex sindaco e dei suoi fedelissimi, nel suo interrogatorio avrebbe confermato l’indipendenza della politica scafatese di trattare con chiunque, eventualmente anche con i clan egemoni sul territorio. Queste accuse vanno ad aggiungersi ad altre, come quella della famosa cena - effettuata dopo il torneo di calcio estivo “Mundialito” nel 2015 - che avrebbe visto Aliberti e Luigi Ridosso allo stesso tavolo di un ristorante dell’hinterland vesuviano, smentendo così il racconto dell’ex primo cittadino che invece ha sempre sostenuto di essere andato via dal locale dopo essersi accorto che c’era il reggente del clan Loreto-Ridosso. Chirico, pertanto, avrebbe smentito Aliberti. Mesi dopo, lo stesso ex sindaco, ha confermato di aver pranzato con Ridosso. Ecco perché la domanda dell’Antimafia resta sempre la stessa: chi dice il falso, Aliberti o i cinque testi delle indagini difensive chiamati a fare chiarezza su quella famosa cena?
Domenico Gramazio
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