Santa Margherita, una chiesa rimasta intatta nel tempo

Domani con “la Città” l’acquerello di inizio Novecento del conte Carrara Don Naddeo: «La facciata si conserva proprio com’è nella memoria della gente»

L’acquerello del conte Domenico Carrara, in omaggio domani con il quotidiano “la Città”, raffigura la chiesa di Santa Margherita. Al centro ci sono la facciata dell’edificio di culto e la vecchia casa canonica, così come apparivano ai primi del Novecento. Nonostante i recenti lavori di arredo urbano, con la nuova piazza, il sagrato e l’abbattimento delle barriere architettoniche, la visione non è cambiata di molto. A dominare la scena – tanto nell’opera datata 3 novembre 1915 quanto nell’immagine contemporanea – è sempre l’antichissima chiesa, i cui primi atti notarili la documentano come esistente già nel 1200. Al tempo in cui il conte la dipinse, la chiesa estendeva i suoi beni anche sul contado circostante e su appezzamenti di terreno distanti. Come si evince dai registri dell’archivio parrocchiale, riportati nel libro di Mario D’Elia dedicato all’opera del Conte Carrara: “Dall’Archivio parrocchiale si apprende che al tempo (1904-39) del parroco don Francesco Manzo il Beneficio, oltre alla casa canonica, possedeva, come rendita immobiliare, un fondo rustico seminativo arborato con annesso bosco ceduo a San Nicola, un altro a Incarto (dati in fitto a 16 coloni) e due «case fittate a spizzico» in via Picarielli, ristrutturate tra il 1905 ed il 1929”.

Nell’estate del 1928 la chiesa con la sacrestia, dopo essere stata chiusa al culto per ragioni di sicurezza, fu restaurata e abbellita con le offerte dei fedeli ed un contributo comunale. Com’è noto, durante i bombardamenti dell’ultima guerra, il 16 settembre 1943, l’edificio sacro con il campanile fu gravemente danneggiato e la casa canonica quasi completamente rasa al suolo. Sotto le bombe, trovarono la morte due parrocchiani (Matteo Rufolo, nato 1’11 giugno 1928, e Michele Greco, nato l’8 novembre 1904) con il loro Curato don Felice Ventura che aveva raccolto le disposizioni con le quali l’arcivescovo Nicola Monterisi invitata i suoi sacerdoti a non lasciare la città per mettersi al sicuro ed a restare accanto ai fedeli. Una lapide, posta sul campanile della chiesa, e dettata dall’umanista don Luigi Guercio (1882-1962) è stata di recente restaurata dall’attuale parroco, don Sabato Naddeo. Ed è proprio lui a commentare l’immagine dell’acquerello: «La facciata della chiesa si conserva proprio così nella memoria e nel cuore dei salernitani. Se l’acquerello potesse entrare all’interno, vi noterebbe anche le tre antiche tele che siamo riusciti a recuperare presso il Museo Diocesano, restaurate, riportandole nella loro naturale collocazione». Una di queste è una pala del Cinquecento, a tema mariano, come una sorta di ringraziamento per gli esiti della battaglia di Lepanto.

Paolo Romano

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