CAMORRA E AFFARI

Sanificazioni anti Covid: picchiato Calce

Il clan “sponsorizzava” la cooperativa “Pe.De.Ma.” di Alfonso Marrazzo. L’imprenditore fu aggredito su ordine dei boss

PAGANI - Era l’affare del momento nel maggio del 2020, soprattutto in una città come Pagani, una di quelle più bersagliate dall’emergenze Covid. Trovare un’azienda che velocemente, in modo accurato e a prezzi modici sanificasse la propria attività commerciale, con tanto di certificazione era necessario per riaprire in sicurezza. E su questo affare stava puntando il gruppo Fezza-De Vivo attraverso una cooperativa, la “Pe.De.Ma.”' di Alfonso Marrazzo. Noti locali commerciali di via Marconi, dalle gioiellerie ai negozi di abbigliamento alle aziende avevano bisogno della sanificazione. La Pedema, grazie all’aiuto del clan, secondo la Dda, si sarebbe assicurata molte commesse, grazie anche a violenze o minacce che consentivano alla coop di lavorare nonostante avesse prezzi più alti dei suoi competitor e utilizzasse prodotti scadenti, «addirittura solo con acqua» e mediante l’emissione di certificazione false senza alcuna regolarità persino sul piano tributario. Tutto questo non tenendo conto neanche delle esigenze dei cittadini e degli imprenditori paganesi che pagavano per un servizio che non avevano e rischiavano di far diffondere il coronavirus in un periodo dove combatterlo era difficile.

L’intoppo Calce. Ma a Pagani c’era un imprenditore che voleva lavorare secondo la normativa e a prezzi di mercato, Vincenzo Calce, noto per le sue imprese nel settore dei rifiuti, ma anche per il suo impegno in politica (poco dopo si candiderà a sindaco di Pagani e sarà eletto consigliere comunale) ed anche per quella in campo sportivo. Calce con la sua attività era un ostacolo per la ditta che gli investigatori ritengono vicino alla ai Fezza De Vivo; ed era, in aggiunta, anche direttore tecnico della Aspa, Azienda speciale Pagani ambiente. Società in house 100% del Comune.

L’aggressione in strada. Il 15 maggio, in una strada tra Pagani e Nocera, Calce fu bloccato sotto casa di un familiare e preso a calci e pugni. Un’aggressione di cui si sarebbe parlato anche alla presenza di dirigenti comunali. Fatto è che, nonostante i prezzi praticati e la qualità del lavoro, da fine maggio la ditta di Calce non fece più sanificazioni, mentre quella vicina al clan sì.

Le estorsioni l’agguato. Il clan Fezza De Vivo aveva tentato di estorcere denaro ai danni di Domenico Chiavazzo, imprenditore di Angri, al quale fu avanzata la richiesta di 200mila euro. Visto che non cedeva, il 22 novembre 2019 fu fatta esplodere una bomba carta davanti alla sede della sua attività, ad Angri. Altre intimidazioni ma nulla da fare. Il 25 maggio del 2020, su istigazione del boss Rosario Giugliano, in via Delle Fontane ad Angri, da una moto con a bordo Alfonso Manzella e Nicola Liguori, partirono diversi colpi di pistola e solo la prontezza della vittima, che investì gli attentatori e li mise in fuga, evitò conseguenze ben più gravi.

Le altre “bussate”. Sono stati numerosi i tentativi di estorsione a carico di diverse attive attività, come al titolare di un noto ristorante di Vietri Sul Mare. Al ristoratore fu detto chiaramente da persone vicine al clan: «Il locale nostro». In un altro caso De Vivo avrebbe preteso di mangiare senza pagare il conto. Ci sono poi le minacce alle ditte che eseguivano lavori in bar e altre attività. In due si presentarono ad una ditta di pitturazione: «Cumparie'... digli al padrone della tua ditta che caccia i soldi», fu la “bussata”. Il dipendente disse: «quando deve dare?». Uno degli estorsori: gli rispose: «Dopo glielo dico… glielo dice il compariello mio». Estorsione anche a un mobilificio: De Vivo avrebbe costretto il titolare di una rivendita di mobili a vendere arredamento a un prezzo inferiore a quello di mercato, più o meno avrebbe fatto lo stesso anche Francesco Fezza sempre a danno dello stesso mobiliere. Ai danni di un attività di noleggio di auto e barche di lusso di Pagani, De Vivo e Fezza avrebbero chiesto centomila euro poi scesi a 20mila a condizione che il titolare portasse fuori da Pagani la sua attività. Spesso gli investigatori si sono trovati di fronte a molti «Non ricordo», «Non so» da parte delle vittime delle estorsioni e così sono scattate le denunce per favoreggiamento. Giugliano e i suoi, invece, avrebbero costretto a pagare la tangente mensile ai titolari di un’azienda tra San Marzano e Pagani, ad una società che si occupa di plastica a Nocera e ad una edile in questo caso non andata in porto.

(s.d.n.)