I grandi dibattiti

Salerno, tutelare il lavoro di vent’anni 

Difendere le opere avviate alla fine degli anni ’90 è una priorità per evitare che nelle zone riqualificate torni il degrado

Ho avuto la fortuna di fare il consigliere comunale negli anni di maggiore cambiamento della città. Al di là delle opere, di quei 15 anni nell’assise cittadina, lo scorcio conclusivo degli anni ‘90 resta per certi aspetti, insuperabile.
Certo, oggi Salerno è più attrattiva, più frequentata, più turistica; ma in quello scorcio di fine secolo, specialmente per noi giovani, la partecipazione al cambiamento è stata qualcosa di più.
Faccio, infatti, parte della “generazione” che ricorda la città assente, in bianco e nero, con i marciapiedi stretti e il centro antico negato; con l’isola pedonale, con le pensiline sul corso, il lungomare buio, i quartieri abbandonati, privi di legami urbanistici e sociali, sporchi. Sono cresciuto tra Mercatello e Pastena, sulla via Trento dei ragazzi del Liceo e sulla spiaggia tra il cantiere e il punto di congiunzione di uno dei tanti torrenti che, fino ai primi anni ’90, buttavano direttamente a mare. La generazione dopo la mia, quella città, non la ricorda. I ragazzi di oggi credono che Salerno sia stata sempre così. Il simbolo della rivoluzione urbanistica più importante della sua storia, almeno per me, è il parco del Mercatello. Un parco “europeo”, geniale incrocio di sette quartieri che, prima, a volerli raggiungere tra di loro, ci impiegavi ore. Il parco, splendido nell’intuizione architettonica di Enrico Auletta e Luciano Mauro, è il capolavoro della nuova Salerno di Vincenzo De Luca. Lo dico, non per fare l’apologia delle cose realizzate, ma per contribuire al dibattito avviato dal direttore Manzi, sul futuro di Salerno e sulle cose che, ancora, e sempre, ci sono da fare. Ne dico tre.
La prima, è un grande piano di difesa, manutenzione e recupero delle cose fatte negli ultimi venti anni. Per evitare il rischio che dove c’era degrado, e oggi c’è bellezza e decoro, ritorni il degrado.
La seconda, è la città di Alfonso Gatto, uno dei più eclettici e profondi intellettuali europei del ‘900, che anche se ramingo per l’Italia, ha scritto le sue pagine più belle, sempre con il pensiero rivolto a Salerno, rima d’eterno.
C’è la fondazione, c’è lo sforzo enorme e spesso solitario di Filippo Trotta: ma che bello se ci impegnassimo tutti per un Parco Letterario, un museo, un percorso tra la nostra città e il suo poeta più grande!
La terza, infine, rivolta agli amici che adesso siedono in Consiglio, e facendolo con infinite modestia e affetto. Al di là dei partiti, non c’è niente di più bello e gratificante che rappresentare la propria città. E questo bisogna farlo, uscendo dal palazzo, ritornando nei quartieri, con la mente e il cuore sempre rivolti non a quello che la città “deve” a noi, ma a quello che ogni giorno noi dobbiamo fare per Salerno. Una città, che ha ritrovato l’orgoglio della sua identità, è pur sempre una città di persone in carne e ossa, che dobbiamo sentire “nostra” e “difendere”, come dice, ancora, attuale più che mai, Matteo l’evangelista e nostro Santo Patrono.
(13. Continua)
* segretario provinciale Pd.