OPERAZIONE TORTUGA

Salerno, traffici internazionali nel porto delle “carte”

Nel mirino dei pm i transiti “fantasma” certificati dai funzionari infedeli

SALERNO - Il porto di Salerno terminale di traffici coordinati da organizzazioni criminali transnazionali: è questo il sospetto che emerge dal contrabbando di tabacco scoperto con l’operazione “Tortuga” della Guardia di Finanza che, assieme ad altre vicende, ha portato agli arresti o alla sospensione di 17 funzionari dell’ufficio salernitano delle Dogane, anche di ruoli dirigenziali. Il sospetto nasce anche da alcuni nomi coinvolti nelle indagini e soprattutto la complessità dell’intero traffico illegale messo in piedi.

Il sistema lecito. Ogni Stato dell’Unione Europea consente il passaggio di merci attraverso il suo territorio provenienti e destinati a paesi extra Ue, senza pagare alcun dazio. In pratica, una merce entra in uno Stato dell’Unione, può attraversarla tutta e poi uscirne per arrivare in un paese destinatario senza dover pagare nulla. Per evitare, però, operazioni truffaldine - come la vendita in Europa del carico senza pagare dazio - l'Unione Europea fa sottoscrivere al proprietario della merce una polizza fideiussoria alla dogana dello Stato d’ingresso che può essere liberata (non pagata), solo quando arriva l’attestazione dell’esportazione extra Ue, rilasciata dall’Ufficio doganale da dove i container sono fuoriusciti dal territorio comunitario (il cosiddetto allibramento). Una procedura che in gergo viene chiamata T1.

Il sistema illecito. A Salerno c’era la falla che ha provocato un raggiro milionario. Due container con all’interno complessivamente cinque tonnellate di tabacco per narghilè sono entrati dalla Germania da uno stato extra Ue ma, invece, di essere stati realmente imbarcati nello scalo salernitano per il Marocco, sono spariti nell’aprile del 2018, mentre risultavano partiti regolarmente dal porto campano alla volta dell’Africa. Grazie al falso allibramento organizzato da un assistente doganalista e da un funzionario doganale, il carico di tabacco risultava partito, la relativa bolletta era stata allibrata (registrata) e inviata alla dogana tedesca, con la conseguente liberazione della fideiussione. E così i proprietari del carico hanno risparmiato 1,2 milioni di euro.

Gli scenari e i traffici. Quel tabacco ufficialmente esportato e rimasto invece in Europa, è diventato automaticamente di contrabbando. E, guarda caso, quel tabacco per narghilè di una nota marca molto apprezzata dai turchi, tra i maggiori consumatori di questo prodotto, è entrato in Germania, dove di turchi ne abitano due milioni e quindi c’è una grande richiesta. Chi ha organizzato il raggiro sapeva dove acquistare l’ingente carico, come bypassare i dazi doganali e a chi vendere il prodotto divenuto di contrabbando finito sul mercato nero attraverso una rete di vendita in Germania. Un’organizzazione con rapporti o basi in più Stati, dentro e fuori l’Unione europea, e che poteva contare su un porto “sicuro” dove far attestare il falso allibramento, sen- za il quale avrebbe perso 1,2 milioni. La base e la stessa mente potrebbe essere in Italia, tra gli Stati dove è maggiormente diffuso il contrabbando di tabacco nel mondo, come riscontrato anche da recenti indagini della guardia di finanza su gruppi operati tra la zona di Napoli, Agro nocerino e Lombardia.

Il “napoletano” e il complice alla Dogana. Nell’inchiesta “Tortuga” spunta il nome di un indagato dell’area napoletana che ha precedenti per contrabbando di tabacchi, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, falso e ricettazione. Ed è proprio lui che con grande familiarità e sfrontatezza contatta più volte l’assistente doganalista coinvolto nel falso allibramento del tabacco. Nei mesi successivi, in un’altra telefonata, sempre intercettata dai finanzieri della Compagnia porto e della procura di Salerno, si torna a parlare di un’altra procedura T1. In questa occasione, l’indagato napoletano dice all’assistente doganalista: “Io tengo pronto 70 patane. Prendo e te le porto… Ti do pure la mazzetta a te… da fuori alle 70… Ti do anche la mazzetta te, che io il problema non ce l'ho...”. Familiarità, sfrontatezza, più telefonate e parole che fanno sorgere il sospetto di altri falsi allibramenti al porto. E per farli occorre sempre un funzionario doganale “amico” che li attesti.

Salvatore De Napoli