IL CASO

Salerno, scandalo migranti: il capitano nei guai

Cassazione: inammissibile il ricorso dell’ufficiale della Polizia municipale distaccato in Prefettura

SALERNO - Dalle contravvenzioni al codice della strada alle pratiche dell’ufficio immigrazioni, il capitano dei vigili urbani Gerardo Caiazza è finito così al centro dell’inchiesta della Dda di Salerno sui raggiri al decreto “Flussi” della Piana del Sele. L’ufficiale dei caschi bianchi era distaccato alla prefettura. Secondo la procura salernitana sbrigava anche pratiche per l’ingresso di immigrati sul territorio nazionale. Il capitano Caiazza è stato colpito dalla misure interdittiva della sospensione dell’esercizio di pubblici uffici, che è stata confermata sia dal Riesame sia dalla Cassazione, che ha pubblicato le motivazioni dell’inammissibilità del ricorso proprio in questi giorni.

A tirarlo in causa sono alcuni sms che Caiazza scambiò con Hassan Amzeghal , detto “Hassan Appost”, difeso dall’avvocato Gerardo Cembalo , il “deus ex machine” dei traffici di braccianti agricoli dal Marocco, suo Paese di origine, e la Piana del Sele, segnatamente nella contrada Cioffi di Eboli. In particolare, tramite un altro imputato, l'imprenditore agricolo Raffaele Barretta , di Eboli, difeso dall’avvocato Costantino Cardiello , Amezghal viene in contatto con Caiazza nell’ottobre del 2015 quando si interessa, presso lo sportello unico per l’immigrazione, di acquisire informazioni sul nulla osta al ricongiungimento dello stesso “caporale” con la moglie Karima Elaaribi .

L’ufficiale della polizia municipale è accusato di accesso abusivo a un sistema telematico, nella fattispecie in concorso con un altro dipendete della prefettura, rimasto ignoto, che gli “prestò” le proprie credenziali per l’accesso alla banca dati. Proprio il giorno dell’accesso abusivo al sistema, gli inquirenti intercettarono una conversazione telefonica tra Barretta e Amzeghal: «stanno al terminale e stanno vedendo». Per gli inquirenti, Caiazza stava controllando le notizie richieste da Amzeghal attraverso un dipendente abilitato.

L’episodio del ricongiungimento della moglie di Hassan non sarebbe l’unico volta in cui Caiazza si è preoccupato di pratiche di un altro ufficio. Il 19 marzo dello scorso anno, nel corso di una perquisizione della polizia giudiziaria, sulla sua scrivania fu rinvenuta numerosa documentazione relativa all’ufficio immigrazione, a dimostrazione - scrivono i giudici della Quinta sezione del “Palazzaccio”, «che l’indagato continua indebitamente ad occuparsi di procedimenti che nulla hanno a che fare con le competenze del proprio ufficio». Per tale ragione , i due motivi dell’appello agli ermellini (sul pericolo di reiterazione del reato e sulla sussistenza dei gravi indizi di reità) sono stati respinti e dichiarati inammissibili. La Cassazione ha confermato la misura interdittiva.

(m.l.)