Il caso

Salerno, restituiti i cellulari sequestrati alla giornalista

Irregolarità nella procedura, la Procura si ferma dopo le proteste e l'intervento della Federazione nazionale della stampa

SALERNO. Dopo il sequestro dei cellulari della giornalista de “la Città” di Salerno Rosaria Federico, e dopo il fallimento dell’analisi “non ripetibile” sugli stessi apparecchi telefonici, la Procura di Salerno ha disposto una nuova perizia sui telefonini della collega.

Con un preavviso di appena 17 ore è stato comunicato all’avvocato della Federico, Antonio Sarno, e al consulente del sindacato, Antonio Montisano, che ieri alle 11, stavolta negli uffici della Squadra mobile della Questura di Salerno, alla presenza del pm titolare dell’inchiesta, il sostituto procuratore Silvio Marco Guarriello, si sarebbe effettuato un ulteriore tentativo di accesso ai dati dei telefoni. Cosa che è effettivamente avvenuta, sempre con esito negativo.

«Una procedura assolutamente irrituale e anomala – dicono in un comunicato congiunto Federazione nazionale della stampa e Sindacato unitario giornalisti campani – visto anche quanto affermato nel verbale della Polizia postale di Napoli che ha certificato la “fine dell’attività di acquisizione” con “esito negativo”».

leggi anche: Cellulare sequestrato a una giornalista. Il ministero “indaga” Salerno: a vuoto la perizia, oggi sarà ripetuta alla presenza del Pm Il sindacato e il direttore de “la Città” hanno incontrato Lembo

«Nonostante la Procura abbia infine disposto la restituzione dei cellulari alla giornalista – proseguoono Fnsi e Sindacato campano – stigmatizziamo questo ulteriore tentativo di violare, con ogni mezzo, il diritto alla riservatezza delle fonti della collega».

Oltre a condannare il sequestro in sé, il sindacato denuncia poi «le gravi carenze che hanno caratterizzato le operazioni, come il fatto che i telefoni non erano stati sigillati come prevede il protocollo, e chiedono al ministro della Giustizia di inviare gli ispettori per fare piena luce su una vicenda inquietante che rappresenta un gravissimo precedente».

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Troppe cose non tornano, forzature inaccettabili

Hanno tentato di colpirne uno per educarne cento e altri cento ancora. Hanno sequestrato i cellulari di una collega per far capire anche a tutti gli altri di essere in grado di entrare in possesso – «con qualunque mezzo», parole loro – delle fonti di informazione. Forse non si aspettavano che quelli da educare reagissero con fermezza (e con solide basi giurisprudenziali) di fronte a ciò che la Procura della Repubblica di Salerno ha tentato di far passare come un legittimo metodo di indagine e che, oltre a essersi rivelato un colossale autogol, per noi altro non era che un tentativo di scardinare le regole che disciplinano l’obbligo dei giornalisti (e forse, di riflesso, anche di altre categorie) di non rivelare le informazioni riservate, fonti di informazioni in questo caso. E, dopo la mobilitazione che è nata intorno a questo caso, l’offensiva si è chiusa. Almeno così pare.

Ieri in fretta e furia gli agenti della squadra mobile della Questura di Salerno sono andati fino a Boscoreale (Napoli), a casa della collega Rosaria Federico, quella colpita dal sequestro, per restituire i cellulari sui quali si è tentato (ufficialmente invano) di intervenire a caccia di indizi sulla fonte legata a un articolo di fine giugno a proposito delle rivelazioni di un possibile nuovo filone d’inchiesta dell’omicidio del sindaco di Pollica, Angelo Vassallo. Lunedì la polizia postale di Napoli, alla presenza di un perito di parte incaricato dal Sindacato unitario giornalisti campani, non è riuscita a copiare il contenuto dei due apparecchi. La stessa polizia postale ha certificato la “fine di attività di acquisizione” ma ieri il sostituto procuratore Silvio Marco Guarriello ha ripetuto un atto irripetibile. Perdonate l’ossimoro ma di questo si tratta: l’ennesimo tentativo di forzatura delle regole che a un certo punto è sfociato nella resa a proseguire nel tentativo. Tentativo che altro non era se non quello di acquisire ufficialmente dati da poter utilizzare in un procedimento giudiziario per individuare la fonte informativa della collega. Per gli inquirenti, da ricercare in ambienti legati alle indagini.

Tutta l’operazione è stata condotta all’insegna di tentativi di forzature che la Procura della Repubblica di Salerno ha comunque formalmente motivato in modo compiuto. Il risultato concreto, però, è stato che i due cellulari della collega non sono stati sigillati e che sono rimasti per quasi due settimane a disposizione degli investigatori senza le necessarie garanzie per la proprietaria. Inoltre ieri, al momento della riconsegna, i due apparecchi si trovavano in “modalità aereo”. La collega ha consegnato il primo apparecchio spento, il secondo è stato acquisito in un laboratorio di riparazione altrettanto spento e disattivato. La “modalità aereo” non poteva essere stata in alcun modo attivata dalla collega.

La Federazione nazionale della stampa e il Sindacato unitario giornalisti campani hanno denunciato formalmente queste carenze che hanno caratterizzato le operazioni e hanno chiesto altrettanto formalmente al ministero della Giustizia «di inviare degli ispettori per fare piena luce su una vicenda inquietante che rappresenta un gravissimo precedente». Un concetto che, prima ancora che si verificassero questi ultimi sviluppi, mercoledì mattina avevo avuto modo di rappresentare – insieme con il segretario del sindacato regionale giornalisti, Claudio Silvestri – al procuratore della Repubblica di Salerno, Corrado Lembo. Torno a ripeterlo oggi, con la convinzione rafforzata dagli ultimi accadimenti, per riaffermare la nostra ferma contrarietà a questo atteggiamento che – qualunque sia stata l’intenzione di partenza della Procura – è sfociato di fatto in un atto da stato di polizia. Chiaramente inaccettabile in ogni sua fase. (s.t.)