IL CASO

Salerno Pulita, incognita dopo-Ferraro

Il Comune spiazzato dall’addio. E la successione è un rebus: il “mini stipendio” allontana l’ipotesi di un “super manager”

SALERNO - Ha resistito un anno, quello orribile della pandemia, poi ha mollato per ragioni strettamente personali. I retroscena del day after le dimissioni confermano il racconto che l’orami ex amministratore unico di Salerno Pulita, Antonio Ferraro , ha fornito per spiegare le ragioni del suo addio alla guida della società in house di Salerno che si occupa dei rifiuti. Un addio che, però, l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Vincenzo Napoli ha cercato di allontanare il più possibile: già qualche mese fa, infatti, Ferraro aveva esternato la sua volontà di voler lasciare l’incarico. Gli obiettivi che erano stati messi sul tavolo erano stati raggiunti, partendo dal passaggio fondamentale della stabilizzazione di tutti i lavoratori della partecipata, e per Ferraro era già arrivato il momento di salutare dopo essere stato chiamato a prendere in mano la società senza percepire alcun compenso.

Invece dall’amministrazione arrivò la richiesta di attendere almeno fino alla scadenza delle elezioni regionali. Così è stato e, a Palazzo di Città, c’era la convinzione che la pratica delle dimissioni fosse ormai archiviata. Così non è stato: qualche giorno fa, infatti, Ferraro ha messo nero su bianco la sua decisione di lasciare la guida di Salerno Pulita. Così come dichiarato, non ci sono stati strappi nè strascichi al veleno come era stato nel caso del precedente addio di un altro manager della partecipata, Nicola Sardone , ma la volontà la consapevolezza che il destino di una società da 500 operai abbia necessità di una programmazione con una nuova governance. Se questa volta l’amministrazione non si è dovuta difendere da strascichi e ombre polemiche - fatta eccezione per la dura presa di posizione della Cgil Funzione pubblica che ha chiesto chiarezza per garantire il futuro dei lavoratori - comunque si ritrova soltanto a distanza di un anno e dopo il terzo cambio al vertice negli ultimi tre anni a dover gestire una mina che rischia costantemente di esplodere. In queste ore, gli uomini più vicini al sindaco - con una certa interlocuzione con la Regione - si stanno arrovellando per cercare un sostituto. Un fattore decisivo in negativo per la nuova scelta riguarda il tetto fissato allo stipendio del futuro manager che non potrebbe guadagnare oltre 45mila euro annui: molto meno di un manager privato pur guidando una società con numeri importanti. «Così rischiamo di poter scegliere soltanto un mediocre», osservano alcune fonti interne all’amministrazione. Se il compenso, a fronte dell’impegno, potrebbe essere un deterrente, però rimane il fatto che per guidare una partecipata “delicata” anche dal punto di vista della gestione del consenso elettorale come Salerno Pulita serve una figura che abbia già esperienza di alto livello perché un giovane - a meno che non sia un “enfant prodige” - rischia di esser travolto da tante questioni.

E, quindi, di mollare subito. Le ultime crisi al vertice hanno portato l’amministrazione a dare fondo a tutte le carte che erano a disposizione dell’apparato. Ora, invece, si deve cercare nel mondo dei professionisti. Intanto su Salerno Pulita incombe e toglie tranquillità ai lavoratori lo spettro della privatizzazione. «Una estrema ratio », insiste la fonte del Comune di Salerno ma una strada che, comunque resta possibile. Salerno Pulita è una società che ha vertici e operai ma non livelli intermedi. Mancano, ad esempio, direttore tecnico e amministrativo e una serie di quadri intermedi. Assunzioni che non sono programmate sia per ragioni economiche che di opportunità politica in vista delle prossime amministrative. Quindi la strada potrebbe essere quella della privatizzazione, vendendo quote (il 49%) a un soggetto imprenditoriale forte che potrebbe compensare il know how mancante. Ma il controllo, in questo modo, resterebbe pubblico.

Eleonora Tedesco