LA DECISIONE

Salerno, niente sconti al boss: ok al “carcere duro” per Peppe D’Agostino 

Confermata l’adozione del “41bis” disposta dal Ministero. Per i giudici sono ancora forti i legami col crimine locale

SALERNO. Il boss Giuseppe D’Agostino deve rimanere al 41bis, il regime carcerario previsto per i “capi” delle associazioni camorristiche e mafiose in genere. Lo ha deciso la Corte di Cassazione che ha respinto il ricorso presentato dal legale del boss salernitano che aveva impugnato un precedente diniego da parte dei giudici del Tribunale di Sorveglianza di Roma. D’Agostino è ancora al “carcere duro” in virtù di un decreto emesso dal Ministero della Giustizia nel luglio 2016. Ed è recluso - tra detenzione preventiva ed espiazione pene - da circa un ventennio, da quando cioè fu arrestato dalla Dda salernitana perché ritenuto capo dell’omonimo clan che, alleatosi con Amedeo Panella, dettava legge in città in materia di droga, gioco d’azzardo ed estorsioni. Un clan che, nella seconda metà degli anni ’90, sferrò un attacco durissimo ai rivali del clan guidato da Lucio Grimaldi, con attentati ed omicidi.
Proprio in virtù di tali episodi i giudici del Tribunale di Sorveglianza di Roma avevano negato il reclamo presentato da D’Agostino contro la proroga del regime del 41bis. Confermato, tra l’altro, anche in virtù di una serie di informative chieste alla Dda locale che hanno confermato l’attuale ruolo attivo del boss nelle dinamiche criminali salernitane anche attraverso persone a lui collegate. A cui si aggiungono i collegamenti intrattenuti da D’Agostino, secondo i giudici, con esponenti di spicco del traffico di sostanze stupefacenti.
Circostanze queste confermate anche dai giudici della Suprema Corte che hanno respinto il ricorso presentato dal legale di Giuseppe D’Agostino, confermando l’applicazione del “carcere duro” e dunque la decisione adottata dal Ministero. La Cassazione, oltre a giudicare inammissibile il ricorso, ha condannato D’Agostino anche al pagamento dello spese.