ECONOMIA

Salerno, la crisi cancella le imprese artigiane

Il rapporto di Unioncamere: un calo netto delle iscrizioni con un saldo negativo di 245 ditte del settore

SALERNO - Nel Salernitano aumentano le imprese ma diminuiscono considerevolmente quelle artigiane. È questa - in estrema sintesi - la dinamica che emerge dalla lettura dei dati ufficiali sulla natalità e mortalità delle imprese italiane nel 2019, diffusi da Unioncamere - InfoCamere. Scendendo nei particolari a Salerno e provincia nel 2019 si sono iscritte 6.903 imprese, mentre hanno chiuso definitivamente i battenti 6.488 imprese. Il saldo positivo, dunque, è di 415 imprese, che percentualmente corrisponde allo 0.34%. Numeri, comunque, lontani dal bilancio del 2018, quando le iscrizioni furono 7.590, mentre le cessazioni 6.225, con un saldo positivo di 1.365 e un tasso di crescita dell’1,13%, che nel 2017 è stato dell’1,3%. Dunque, nonostante la crisi, l’economia salernitana è viva, ad eccezione della contrazione delle imprese artigianali, da sempre il “polmone” della piccola impresa. In questo caso, infatti, s’assiste ad una netta contrazione: nel 2019 si sono iscritte 1051 imprese artigiane ma ne sono cessate ben 1296, con un segno negativo di 245 imprese in meno e un saldo di -1,31%, tra i più alti d’Italia.

I dati nazionali. In Italia, nel 2019, sono 353.052 le imprese nate nel 2019, circa 5mila in più rispetto all’anno precedente. A fronte di queste, però, 326.423 hanno chiuso i battenti nello stesso periodo, 10mila in più rispetto al 2018. Il risultato di queste due dinamiche ha consegnato, a fine anno, un saldo tra entrate e uscite positivo per 26.629 imprese, il saldo minore degli ultimi 5 anni. A fine dicembre 2019, quindi, lo stock complessivo delle imprese esistenti ammontava a 6.091.971 unità. Il bilancio del tessuto imprenditoriale resta positivo quasi esclusivamente per merito delle società di capitali (+3,52% il loro tasso di crescita nel 2019, per un saldo pari a ben 60.382 imprese in più rispetto al 2018). Un bottino sufficiente a compensare la perdita di circa 18mila società di persone (-1,8%) e di poco più di 16mila imprese individuali (-0,5%).

Le imprese più attive. A guadagnare terreno sono stati i settori dei servizi legati al turismo (8.211 imprese in più per l’alloggio e la ristorazione), le attività professionali (+6.663), i servizi alle imprese (+6.319) e - sulla scia del basso costo dei mutui e degli incentivi al recupero edilizio ed energetico - le attività immobiliari (+4.663) e le costruzioni (+3.258). Si restringe ulteriormente (-4.107 imprese) la platea dell’industria manifatturiera, quella del commercio (-12.264) e dell’agricoltura (-7.432). Segnali se non positivi, quantomeno incoraggianti vengono dall’artigianato che, pur chiudendo in rosso il bilancio annuale (-7.592 attività), dopo otto anni vede tornare a crescere il numero delle iscrizioni di nuove imprese.

La geografia delle imprese. Guardando alla geografia delle imprese, a restare al palo tra le grandi macro-ripartizioni (confermando la performance del 2018) è stato il Nord-Est (-0,1% il tasso di crescita, equivalente a circa 1000 imprese in meno nei dodici mesi). Il dato più positivo riguarda il Mezzogiorno che, con una crescita di 14.534 unità, da solo determina oltre la metà (il 54,6%) di tutto il saldo positivo dello scorso anno. Tra le regioni, la crescita più sensibile in termini assoluti si registra, ancora una volta, nel Lazio (con 9.206 imprese in più rispetto al 2018, corrispondenti a un tasso di crescita dell’1,4%, il migliore tra le regioni), seguito da Campania (5.746) e Lombardia (+5.073).

(g.d.s.)