«Salerno, la città della Costituzione»

Per ricordare la svolta del 1944, il sindaco De Luca medita di cambiare nome al Salone dei Marmi dove rinacque l’Italia

«Ne parleremo in consiglio comunale. Dovrà essere una decisione collegiale. Ma penso sia giusto apporre a Palazzo di Città qualcosa che faccia riferimento a Salerno città della Costituzione». Così il sindaco Vincenzo De Luca, circa l’ipotesi di cambiare nome al Salone dei Marmi in occasione del 70° anniversario di Salerno Capitale. Ieri è stato proprio il primo cittadino, con l’assessore Ermanno Guerra e il professore Nicola Oddati, ad inaugurare la mostra celebrativa nella sala del Gonfalone del Comune.

Dagli scranni della stanza dove aveva sede la presidenza del Consiglio - e accanto allo storico salone dove si riuniva l’esecutivo al completo per decidere le sorti dell’Italia - è stata inaugurata l’esposizione che ripercorre le vicende storiche di settanta anni fa. «Se Salerno sia stata o meno davvero capitale è un dilemma sterile - spiega Oddati circa una polemica storica che ritorna ciclicamente - perché in ogni caso lo è stata di fatto, in quanto sede del Governo. Inoltre, la cosa più importante è che qui è stata concepita l’idea di una assemblea costituente che avrebbe dovuto essere eletta appunto per redigere la carta costituzionale». Di qui il titolo della mostra “Salerno Capitale, la città della Costituzione”. Il testo dell’epoca del resto è abbastanza esplicito: «Dopo la liberazione del territorio nazionale le forme istituzionali saranno scelte con un referendum dal popolo italiano che eleggerà, anche, a suffragio universale diretto e segreto un’Assemblea Costituente per deliberare la nuova Costituzione dello Stato». È questa infatti la prima decisione del governo Bonomi riunito il 22 giugno 1944 nel Salone dei Marmi del comune di Salerno. «La decisione - sottolinea Oddati - fu presa all’unanimità dopo un’ampia discussione cui presero parte tutti i ministri, tra i quali, oltre il presidente del Consiglio ricordiamo, Croce, Sforza, De Gasperi, Togliatti, Cianca, Saragat, Gronchi, Mancini, Gullo. Il decreto fu poi pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ( Serie speciale, Salerno) l’8 de luglio del 1944».

L’altra curiosità storica riguarda il fatto che il governo avrebbe potuto trasferirsi a Salerno già a novembre-dicembre del 1943, ma si preferì farlo a febbraio dell’anno successivo per ragioni logistiche: «Bisognava predisporre le sedi dei diversi Ministeri. Non era facile in una città reduce dai bombardamenti e occupata da moltissimi militari, circa settantamila soldati di stanza a Salerno».

In aprile nacque il secondo governo Badoglio, il primo di unità nazionale e nella seconda metà di giugno fu sostituito dal governo Bonomi, che si riunì a Salerno fino alla fine del mese successivo, quando tornò a Roma, che era stata liberata il 4 giugno. Ma lo nostra città fu anche la palestra di una politica di pacificazione nazionale, di incontro dei politici per la costruzione del bene comune: «A Salerno i leaders politici impararono a conoscersi ed a collaborare. De Gasperi, Togliatti, Croce, Saragat, sedevano allo stesso tavolo».

Pochi i pezzi originali in una mostra didattica costituita da pannelli che riproducono foto. Nelle teche si fanno notare invece: i francobolli emessi a Salerno, alcune locandine di spettacoli lirici messi in scena al Salerno Opera House (ribattezzato così dagli Alleati), il tricolore che un soldato inglese strappò a Salerno e poi restituito alcuni anni fa.

Paolo Romano

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