IL COMMENTO

Salerno: Fonderie Pisano tra futuro e incertezze

La proprietà sta creando falsi conflitti tra operai e cittadini per sviare l’attenzione

La situazione delle Fonderie Pisano, dei suoi lavoratori e delle popolazioni interessate di fumi e altre emissioni dello stabilimento è divenuta una tematica fondamentale per Salerno e per la sua area urbana più ampia. A che punto siamo? La fabbrica è chiusa da un provvedimento della magistratura che ha ravvisato il superamento dei limiti di legge relativamente alle emissioni e altre inadempienze, tra cui quella, importante, dell’autorizzazione integrata ambientale, ritenuta illegittima.

I lavoratori, con il sindacato Fiom-Cgil a cui sono tutti iscritti, sono in mobilitazione per chiedere la riapertura, considerando che per loro sono sufficienti le ultime rilevazioni positive dell’Agenzia per l’ambiente. Al tempo stesso, la loro mobilitazione è volta ad avviare le procedure per la cassa integrazione, considerando, tra l’altro, che l’azienda ha presentato al ministero dello Sviluppo un piano industriale per la costruzione di un nuovo impianto. Ora, la discussione è aperta anche per l’individuazione dell’area in una zona industriale. L’opposizione di alcuni Comuni ha messo in discussione questa possibilità, ma la disponibilità di altre amministrazioni comunali e della Regione Campania hanno riaperto le danze, come la stessa proprietà chiede. E la stessa richiesta viene anche dai due comitati attivi nell’area della Vallle dell’Irno su cui la presenza della fabbrica insiste. Gli stessi comitati, infatti, chiedono che la fabbrica vada altrove scartando ogni ipotesi di apertura transitoria.

E qui c’è il reale nodo del contendere: come gestire la transizione dall’attuale al nuovo impianto? Secondo proprietà, lavoratori e sindacato la gestione dovrebbe avvenire consentendo all’impianto di riprendere la produzione nel sito di Fratte, fino a quando non si renderà produttivo il nuovo impianto. Questo viene considerato necessario per non perdere le commesse e garantire la presenza sul mercato delle Fonderie. Secondo i comitati, l’impianto deve restare chiuso, perché è ormai accertata la sua incompatibilità con la salute pubblica, delegare a dei conto-terzisti la produzione, in modo da non perdere le commesse, e, poi, aprire altrove, con tutte le dovute attenzioni dal punto di vista normativo, ambientale e tecnologico. Ovviamente, in questa situazione a decidere non è, in questo momento, nessuno degli attori menzionati. A decidere sarà la magistratura.

Su questo ci sarebbe molto da dire, sul perché si è arrivati a questo punto, ma l’attenzione deve ora essere rivolta alle possibilità di mantenere i posti di lavoro. Per cui la domanda è: è possibile un futuro per le Fonderie Pisano nella provincia di Salerno? Su questo risponderà la magistratura, almeno nell’immediato, ma la vera risposta dovrà venire da proprietà e istituzioni pubbliche. Cosa è necessario? Un crono-programma certo e verificabile, pensando anche a forme di partecipazione e controllo popolare, per la costruzione del nuovo impianto e certezze per quanto riguarda la cassa integrazione e la continuazione delle commesse. Cosa aspetta la proprietà Pisano a individuare un’alternativa? Cosa aspetta ad avviare la produzione altrove in fase transitoria? Chi aspetta a mostrare la reale volontà di andare avanti? La fabbrica è stata chiusa dalla magistratura. Se potrà riaprire non è prevedibile. Di fronte a questa situazione, nel merito, la proprietà cosa sta facendo?

A questa domanda dovrà rispondere con fatti concreti. Altrimenti vorrà dire che si sta solo facendo passare il tempo, inutilmente, creando falsi conflitti tra operai e popolazione o fra operai e magistrati, mentre chi porta le reali responsabilità, cioè la proprietà, resta a guardare.

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