IL CASO

Salerno e provincia: culle vuote e sempre più anziani

Una ricerca della Cgil conferma che senza stranieri il Cilento interno rischia lo spopolamento

SALERNO - Culle vuote, sempre più anziani e giovani che vanno via: senza la presenza di stranieri interi borghi e comunità del Cilento sarebbero già cancellati. Questo il quadro della ricerca condotta dalla Cgil di Salerno che ha focalizzato l’attenzione sulle aree interne e sull’andamento demografico per comprendere i bisogni sociali e attivare sistemi di welfare conseguenziali. Dal 2001 al 2019 la popolazione residente in questa area interna della provincia di Salerno ha fatto registrare un leggero incremento passando da 128.364 unità a 129.626. Tendenza che, però, non esprime un dato omogeneo dal momento che si riscontra esclusivamente nell’alto Cilento e nella fascia centrale; a fare da traino sono soprattutto le città costiere, significativo è il dato di Agropoli con un incremento di 1.881 abitanti e Castellabate 1.489. Ma nelle zone interne di queste aree si riscontra la presenza di paesi con forti contrazioni demografiche.

E’ il caso di Serramezzana che in 18 anni perde una quota talmente consistente della sua popolazione (da 403 a 300 abitanti) da risultare uno dei borghi a più alto rischio di estinzione considerando anche la presenza di una popolazione anziana che ha raggiunto livelli di guardia con gli ultracinquantenni che sono un terzo della popolazione e solo 67 ragazzi sotto i 30 anni. In questa dinamica s’inserisce la presenza degli stranieri: se per l’alto Cilento l’aumento della popolazione è attribuibile quasi esclusivamente alla presenza di stranieri, per il Cilento centrale l’incremento degli stranieri è quasi il doppio dell’aumento complessivo dell’area. Il dato più drammatico, però, riguarda il basso Cilento dove quasi tutti i comuni fanno registrare contrazioni anagrafica, eccetto i paesi costieri come Camerota, Centola e Vibonati. Rofrano, invece, è tra le realtà a più alto rischio di spopolamento. «Dalla ricerca emerge come molti centri abitati siano non semplicemente a rischio di spopolamento ma di estinzione. Per scongiurare la desertificazione dobbiamo innanzitutto porci il problema della cura del territorio, a partire dall’agricoltura mentre, viceversa, l’abbandono aumenta il rischio idrogeologico», considera Franco Tavella , segretario generale Spi Cgil Napoli e Campania. «Abbiamo bisogno di servizi, di trasporti, di sanità, di rivedere il sistema scolastico, di un contratto di programma e di spendere i fondi europei che sono destinati a queste aree. Poi, rispetto all’incidenza della presenza dei migranti sull’andamento demografico, Tavella, sottolinea come ci sia «ancor più bisogno di stranieri se si pensa che il 50% della popolazione di queste aree è anziana e i migranti, come spesso accade, svolgono una funzione di assistenza».

E aggiunge: «Bisogna svincolarsi da tanti pregiudizi che ci sono, occorre che ci sia un progetto complessivo per le aree interne per passare da una condizione di difficoltà a una condizione di opportunità ». La ricerca della Cgil viene presentata oggi alle 9 e 30 nel salone delle rappresentanze della Provincia di Salerno. L’incontro, presieduto da Arturo Sessa , segretario generale Cgil Salerno, è introdotto da Franco Tavella, segretario generale Spi Cgil di Napoli e della Campania. Seguono gli interventi di Michele Strianese , presidente della Provincia di Salerno, Carmine Nardone , presidente Futuridea, Francesco Todisco , consigliere regionale delegato alle aree interne della Campania, Nicola Ricci , segretario generale Cgil Campania e Angelo Summa , segretario generale Cgil Basilicata. Conclusioni affidate a Ivan Pedretti , segretario generale Spi Cgil nazionale.

(el.te.)