IL FATTO

Salerno, così in carcere si ricuce la speranza

L’omaggio alle detenute della casa circondariale impegnate nel progetto per la realizzazione di mascherine anti-Covid

SALERNO - “Ciò che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla”: è questo il senso della manifestazione di ieri nella casa circondariale di Fuorni in occasione della giornata della Donna anticipata, per esigenze legate all’emergenza sanitaria. In un luogo di violenza, spesso alla ribalta della cronaca, caratterizzato da criticità notevoli, emerge un’altra realtà, quella dello stop alla violenza sulle donne portato avanti grazie alla produzione dei dispositivi anti covid realizzati all’interno del carcere.

“Da donna a donna. Ricuciamo i legami”: questo il tema dell’evento organizzato dal Ministero della Giustizia, dalla Fondazione della Comunità Salernitana Onlus e dal Comitato femminile plurale di Confindustria Salerno, presieduto da Alessandra Puglisi, il cui scopo è quello di valorizzare la figura imprenditoriale femminile. «La produzione di mascherine all’interno del carcere ha portato le detenute ad entrare in una nuova dimensione, quella imprenditoriale - spiega Puglisi – ed è nostro dovere supportare questa attività attraverso la distribuzione del prodotto alle nostre associate».

Carmen Autuori

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